Il bambù, pericoloso nelle costruzioni, viene sostituito con metallo, mentre la crisi immobiliare cinese, con insolvenze come quella di Vanke, peggiora. Cosa succede oltre la Muraglia.
Cosa c’entrano le canne di bambù con le insolvenze di alcuni giganti immobiliari? In teoria un bel niente. Tra questi due estremi non vi è alcun legame concreto. Basta però dare un contesto geografico particolare alla domanda, la Cina, per ottenere imprescindibili connessioni tra la costruzione di nuovi palazzi ed edifici, e l’utilizzo di impalcature sui generis effettivamente utilizzate per realizzare le suddette strutture.
Se siete nella Repubblica Popolare Cinese e vi trovate davanti a un cantiere, infatti, è molto probabile che gli operai impegnati al suo interno si spostino e lavorino in equilibrio su travi di bambù. Succede così in gran parte dell’Asia Orientale, anche in alcune parti della Cina, su tutte Hong Kong, dove pure le impalcature di metallo si stanno facendo strada rapidamente.
Pechino deve tuttavia fare i conti con un duplice problema connesso ai suoi grattacieli. Il primo riguarda l’incendio che ha scosso l’opinione pubblica di Hong Kong, una tragedia costata la vita a decine e decine di persone in un complesso residenziale presumibilmente innescata dalle richiamate impalcature... in bambù. Un materiale da costruzione tradizionale, senza ombra di dubbio resistente e flessibile, ma che le autorità locali stanno progressivamente eliminando per motivi di sicurezza. [...]
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