I dati pubblicati da Istat lo scorso 29 agosto sul secondo trimestre 2025 fanno scattare l’allarme. Sono aumentate le ore lavorate e diminuiti i posti disponibili
Negli ultimi 15 anni si sono succeduti molti Governi e nessuno di questi è riuscito a risolvere uno dei problemi più gravi del nostro Paese: la crisi del mercato del lavoro.
A confermare che il mondo del lavoro italiano sia asfittico e privo di reali opportunità, sono i dati pubblicati da Istat a fine agosto relativi al secondo trimestre dell’anno: le ore lavorate da chi ha un’occupazione sono aumentate dello 0,2% e, contemporaneamente, è calato il numero di posizioni lavorative.
Significa che in Italia è aumentata la pressione su chi lavora e c’è stato un rallentamento nella creazione di nuovi posti, quando non addirittura una riduzione di quelli già esistenti. Aggiungiamo anche il fatto che il Pil negli ultimi 3 mesi ha registrato una contrazione dello 0,1% e si intuisce come la situazione sia in notevole peggioramento rispetto a inizio anno.
Aumenta il carico di lavoro
Uno dei dati Istat che dovrebbe far riflettere di più è l’aumento delle ore lavorative accompagnato dalla diminuzione delle posizioni disponibili
Significa che imprese e aziende stanno chiedendo sforzi sempre maggiori a chi lavora tramite l’aumento delle ore di straordinario, la redistribuzione delle mansioni per affrontare le politiche di riduzione del personale e il massiccio utilizzo di contratti a termine.
Un approccio che preoccupa: per aumentare la produzione non si creano nuove opportunità, ma si cerca di spremere fino ai limiti i lavoratori.
Peggiora la vita di chi lavora e di chi cerca un impiego
Come è facile intuire questo approccio è altamente impattante sulla qualità della vita. Il nostro Paese è tra quelli che tutela meno i lavoratori e l’incremento dei carichi rischia di aumentare ulteriormente stress e stanchezza. Una situazione che colpisce in particolar modo i giovani e le donne, maggiormente esposti alla discontinuità lavorativa.
Calano le opportunità per chi cerca lavoro, dunque, ma è il quadro generale a preoccupare di più. Le aziende cercano di aumentare la loro efficienza ma non hanno la fiducia necessaria per assumere oppure per far corrispondere alla richiesta di aumentare i carichi un incremento delle remunerazioni.
La richiesta di forza lavoro continua a calare
Una delle ragioni per cui il Pil è in fase di contrazione e non si creano nuovi posti di lavoro è la crisi persistente dal lato dell’offerta.
Il primo settore, quello dell’agricoltura e della pesca, continua a essere in crisi e negli ultimi tre mesi ha registrato una diminuzione della produzione dello 0,6%. Non ha fatto molto meglio l’industria con un -0,3% causato dalle difficoltà produttive e da una domanda internazionale sempre più instabile.
L’unico settore a resistere è stato quello dei servizi ma il dato potrebbe essere falsato dal fatto che le rilevazioni sono state effettuate all’inizio della stagione estiva.
Stiamo vivendo un equilibrio molto fragile, con le aziende che chiedono sempre più sforzi ai loro lavoratori e che, allo stesso tempo, chiudono le porte ai giovani che cercano lavoro. Una situazione potenzialmente esplosiva per la coesione sociale e per la produttività del Paese sul lungo periodo.
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