Bonus busta paga per chi rinvia la pensione, la soluzione per limitare i costi della riforma

Simone Micocci

4 Novembre 2022 - 08:31

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Niente pensione, sì all’aumento di stipendio. Il governo sta lavorando a una soluzione per evitare che un’eventuale quota 102 o 103 possa svuotare gli organici della pubblica amministrazione.

Bonus busta paga per chi rinvia la pensione, la soluzione per limitare i costi della riforma

Nelle valutazioni per la riforma delle pensioni si sta cercando un modo per evitare l’effetto quota 100. La misura tanto voluta da Matteo Salvini, infatti, agevolò perlopiù le uscite nella pubblica amministrazione, lasciando alcuni settori in carenza di organico, non tutelando invece abbastanza i lavoratori fragili a cui invece la misura si sarebbe dovuta rivolgere.

Per questo motivo si sta valutando un modo per incentivare alcuni lavoratori a restare al lavoro pur avendo la possibilità di andare in pensione in anticipo. Nel dettaglio, i tecnici del governo stanno prendendo in considerazione la possibilità di riconoscere uno sgravio contributivo consistente, così che la decisione di ritardare il pensionamento possa avere conseguenze positive sullo stipendio.

Tuttavia, lo sgravio potrebbe non essere per tutti, ma solamente per la pubblica amministrazione ed esclusivamente per alcune categorie, proprio al fine di limitare le fuoriuscite in quei settori dove c’è carenza di organico. Per il momento, però, siamo ancora nella fase delle valutazioni, quindi per maggiori dettagli bisognerà aspettare i prossimi giorni, quando una volta accertata la fattibilità della proposta si cercherà d’inserirla in legge di Bilancio 2023.

Busta paga più ricca per chi resta al lavoro al raggiungimento dei requisiti per la pensione

Il premio dovrebbe scattare al raggiungimento dei requisiti minimi di pensionamento fissati dalle singole categorie interessate dal meccanismo di decontribuzione.

L’incentivo, quindi, sarebbe al netto della riforma delle pensioni che il governo potrebbe attuare per garantire maggiore flessibilità al sistema pensionistico.

Ad esempio, uno dei settori interessati potrebbe essere quello dei medici, dove una parte della platea può accedere alla pensione con 62 anni di età e 35 anni di contributi o in alternativa a qualsiasi età ma con una contribuzione di 42 anni.

Ebbene, in tal caso al compimento dei 62 anni si potrà decidere di:

  • andare in pensione come consentito dalla normativa;
  • rinviare il pensionamento a data da destinarsi, congelando l’importo dell’assegno ma beneficiando di un aumento di stipendio.

Con la seconda opzione, quindi, il pensionamento verrebbe rinviato a un secondo momento; sarebbe comunque il lavoratore a decidere quando, poiché per il principio di cristallizzazione il diritto alla pensione è stato già raggiunto.

Nel contempo, continuando a lavorare si avrebbe diritto a un considerevole aumento dello stipendio, il cui importo dipenderà dalla misura dello sgravio contributivo.

Non ci sarà quindi un maggiore esborso per il datore di lavoro, in quanto lo stipendio lordo resterà invariato: ad aumentare sarebbe il netto, grazio allo sgravio contributivo che andrebbe a ridurre la quota contributi a carico del dipendente.

Un po’ come avvenuto nel 2022 per i lavoratori con stipendio lordo inferiore a 2.692 euro, ai quali è stato riconosciuto uno sgravio attualmente al 2%, ma in misura maggiore. Infatti, almeno secondo le ultime indiscrezioni, lo sgravio dovrebbe comportare un aumento di almeno un terzo dello stipendio.

Chi avrà diritto al bonus?

Secondo gli ideatori della proposta, ossia la maggioranza di parte leghista, il bonus dovrebbe essere riconosciuto alla maggior parte dei lavoratori, così che ad andare in pensione in anticipo siano solamente coloro che ne hanno effettivamente bisogno.

Tuttavia, i tecnici non escludono che l’incentivo possa limitarsi ad alcune categorie, con priorità alla pubblica amministrazione. Dopo anni di blocco del turn over, e con quota 100 che non ha fatto altro che accelerare ulteriormente i pensionamenti, ci sono aree con gravi carenze di personale che neppure i concorsi pubblici sono riusciti a colmare.

Adesso c’è il rischio che una nuova quota 102 o 103 possa ulteriormente spingere i dipendenti pubblici a lasciare il lavoro in anticipo, ragion per cui un meccanismo con premi per chi rinuncia a tale possibilità potrebbe essere una necessità piuttosto che un’opportunità.

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