La bomba petrolio sta per scoppiare? Perché c’è il rischio

Violetta Silvestri

08/04/2023

08/04/2023 - 14:57

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Il prezzo del petrolio in aumento dopo la decisione OPEC di tagliare le forniture è una potenziale miccia pronta a esplodere: perché il greggio può aggravare la crisi economica mondiale.

La bomba petrolio sta per scoppiare? Perché c’è il rischio

Il petrolio, con un prezzo stimato al rialzo, può essere la miccia esplosiva di una crisi economica ancora più grave e prolungata di quella attuale.

Questa la valutazione di alcuni analisti dopo la mossa a sorpresa dell’OPEC con il taglio di produzione del greggio che ha fatto schizzare le quotazioni e rispolverato le previsioni di 100 dollari al barile.

La decisione del cartello, con i potenti sauditi a guidare la scelta e a pilotare uno dei mercati più importanti e influenti al mondo, quello del petrolio, può avere conseguenze rilevanti: in gioco ci sono inflazione, tassi di interesse delle banche centrali, recessione, tensioni geopolitiche con Usa e Russia ancora protagoniste.

Il petrolio, e la strategia OPEC, possono impattare sulla crisi economica e finanziaria già in corso. Cosa può accadere e perché le tensioni mondiali si stanno esacerbando.

Il petrolio può peggiorare la crisi mondiale: i motivi

L’OPEC ha scioccato il mercato petrolifero impegnandosi a tagliare ancora di più l’offerta di greggio, evidenziando di voler sostenere i prezzi del petrolio nonostante le vorticose preoccupazioni per la salute dell’economia globale.

La sorpresa del cartello è stata un “momento di spartiacque”, ha affermato sul Financial Times Greg Priddy, consulente presso la Spout Run Advisory, con un significato economico e politico al di là dei mercati petroliferi.

Una maggiore pressione al rialzo sui prezzi del petrolio - proprio quando i costi dell’energia hanno iniziato a diminuire nelle economie occidentali - complicherà infatti gli sforzi delle banche centrali per raffreddare l’inflazione, dicono gli analisti, mettendo la Federal Reserve americana contro il cartello.

E se il gruppo di produttori riuscirà a mantenere i prezzi del petrolio più alti più a lungo, potrebbe anche compromettere gli sforzi dei paesi occidentali per limitare il flusso di petrodollari nella cassa di guerra del Cremlino.

Soprattutto, gli ultimi tagli rivelano ancora più volatilità nella geopolitica dell’energia. In un’era che molti strateghi credevano sarebbe stata segnata dal calo della domanda di petrolio e dal ritiro di petrostati come l’Arabia Saudita e la Russia, il potere sta invece tornando a Riyadh.

Dinanzi a un’offerta che si restringe, la soglia dei 100 dollari al barile è tornata plausibile. Adi Imsirovic dell’Oxford Institute for Energy Studies (OIES), che una volta gestiva il commercio di petrolio alla russa Gazprom, ha commentato sul FT:

“Abbiamo un’inflazione elevata, economie potenzialmente in recessione, e questa è una situazione in cui è necessario abbassare i prezzi del petrolio per un breve periodo di tempo affinché l’economia si riprenda. Se le banche centrali non sono più in grado di tagliare i tassi allo stesso modo, allora l’Opec+ potrebbe essere responsabile di trascinare l’intera economia mondiale in recessione.

I prezzi del petrolio, infatti, sono balzati dopo che l’Arabia Saudita e i suoi alleati, inclusi Emirati Arabi Uniti, Iraq e Kuwait, hanno annunciato tagli per un totale di oltre 1 milione di barili al giorno, ovvero circa l’1% della domanda globale, superando gli 85 dollari al barile dai 79 dollari al barile prima dell’annuncio.

Ancor prima che i tagli fossero annunciati, analisti e previsori di Wall Street come l’Agenzia Internazionale per l’Energia e l’Opec si aspettavano che entro l’estate le forniture sarebbero state inferiori all’impennata della domanda, determinando un aumento dei prezzi nella seconda metà del 2023.

Ora, il dubbio è se il taglio dell’OPEC aumenterà i prezzi troppo rapidamente per la salute di una fragile economia globale, specialmente mentre i banchieri centrali continuano la loro politica - non indolore - per domare l’inflazione.

Amy Myers Jaffe, professore alla New York University ha spiegato: “Alzare i prezzi ora, mentre molti paesi consumatori più poveri stanno già lottando con il debito e un dollaro forte, corre il rischio di portare il mondo in una crisi finanziaria più ampia... dove gli alti prezzi del petrolio aggravano altri fattori destabilizzanti....e assistiamo al crollo di tutto, compresi i prezzi del petrolio”.

Altri pensano che l’Arabia Saudita stia scommettendo che l’economia mondiale può sostenere il petrolio più costoso, soprattutto con l’economia cinese che riapre. Il Regno è consapevole dell’arresto della domanda, ma ritiene che un prezzo fino a $120 sia tollerabile, afferma Amrita Sen, responsabile della ricerca presso Energy Aspects.

Le conseguenze per inflazione e sostenibilità economica, però, potrebbero essere molto negative.

Petrolio, Arabia Saudita e geopolitica: nuovi equilibri e minacce

L’Arabia Saudita ha dichiarato che i suoi 500.000 barili al giorno di tagli erano mirati a “sostenere la stabilità del mercato petrolifero”.

Tuttavia, il Regno ha anche bisogno di più soldi per pagare il progetto Vision 2030 del principe ereditario e i suoi cosiddetti “gigaprogetti”, come lo sviluppo della città futuristica di Neom sul Mar Rosso. Vision 2030 è stata a lungo il fulcro dei piani del principe ereditario per riformare il regno, ma ha faticato ad attrarre investimenti internazionali.

La decisione, comunque, avrà ripercussioni anche a livello geopolitico e di equilibri internazionali.

La mossa è un’ulteriore prova della rottura con Washington e della profondità della partnership di Riyad con Mosca.

Mentre i sauditi e altri produttori tagliano le esportazioni di greggio tra maggio e la fine dell’anno, la domanda per il tipo di petrolio venduto dalla Russia aumenterà secondo Roger Diwan, di S&P Global Commodity Insights.

Secondo alcuni analisti, ciò potrebbe spingere i prezzi delle esportazioni marittime russe al di sopra del prezzo massimo di 60 dollari al barile imposto dal G7, a beneficio diretto del Cremlino.

“Questo è un grande regalo per Putin poiché la Russia sta sanguinando economicamente e militarmente e all’improvviso gli dai 10 dollari in più al barile sul prezzo del petrolio”, ha affermato Imsirovic, dell’OIES. “È un regalo per il quale il resto del mondo sta pagando”.

Non solo. La mossa OPEC approfondirà anche il contrasto tra Arabia Saudita e Washington, dove l’amministrazione Biden ha trascorso mesi in diplomazia navetta l’anno scorso per convincere Riyadh ad aumentare l’offerta di petrolio per raffreddare i prezzi in aumento. A ottobre, quando invece il cartello ha annunciato un precedente giro di tagli, la Casa Bianca ha accusato l’Opec+ di “allinearsi con la Russia”.

L’irritazione è reciproca. L’attenzione al cambiamento climatico dell’amministrazione Biden non è piaciuta alle capitali petrolifere. Né la decisione degli Stati Uniti di liberare milioni di barili di petrolio dalla loro Strategic Petroleum Reserve l’anno scorso nel tentativo di abbassare i prezzi della benzina.

L’approfondimento delle relazioni di Riyadh con la Cina, inoltre, significa che a Washington c’è preoccupazione per la “perdita” dell’alleato dell’Arabia Saudita a favore di Pechino, se gli Stati Uniti respingono troppo duramente la politica petrolifera.

Il petrolio e le pedine che lo muovono in nome del prestigio e del potere economico possono sconvolgere ancora di più il mondo, con una crisi peggiore di quella in arrivo.

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