Quota 100, per Boeri c’è il rischio di 38 miliardi di debito

Ludovica Ranaldi

04/02/2019

04/02/2019 - 19:46

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Alla Commissione Lavoro del Senato, Tito Boeri ha affermato che quota 100 peserà sulle generazioni future con un debito implicito di 38 miliardi di euro.

Quota 100, per Boeri c’è il rischio di 38 miliardi di debito

Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, è tornato sulla questione di quota 100 sostenendo che la pensione anticipata causerà un debito di 38 miliardi di euro.

Questo è quello che accadrà durante la fase sperimentale dei tre anni, ma se dovesse diventare strutturale allora i numeri si alzeranno notevolmente. I rischi sulla riforma delle pensioni sono in agguato e stavolta Boeri torna con dati specifici.

Inevitabile è stato anche il riferimento al reddito di cittadinanza da sempre messo in relazione con quota 100 per la possibilità di un aumento (o meno) dei posti di lavoro.

Quota 100: i rischi della pensione anticipata

Tito Boeri non è mai stato un estimatore di quota 100, tornando più e più volte sulle problematiche che lo Stato italiano avrebbe incontrato. Un trend che si è ripetuto durante la Commissione Lavoro al Senato, in cui ha espresso chiaramente i rischi della nuova riforma. Inevitabili conseguenze che peseranno sulle generazioni future.

Il presidente dell’Inps ha affermato che se al termine del 2021, ossia dopo il periodo sperimentale, non venisse rinnovata quota 100 allora si incorrerebbe in un debito implicito di 38 miliardi. La situazione non migliorerebbe nel momento in cui si dovesse decidere di farla diventare strutturale, poiché in quel caso il debito aumenterebbe a 90 miliardi di euro.

Questo per effetto della pensione anticipata sostiene Boeri:

Il grosso del costo di quota 100 graverà comunque sulle generazioni future. Il debito implicito del sistema pensionistico è destinato ad aumentare sia per effetto del nuovo canale di uscita anticipata che del congelamento degli adeguamenti della speranza di vita per le pensioni anticipate

Solo nella giornata di oggi, 4 febbraio 2019, sono pervenute circa 18 mila domande di cui un terzo sono dei dipendenti pubblici. Ma provengono anche dai disoccupati. Fa riflettere soprattutto che il 40% delle richieste sono delle regioni del sud, ossia le zone che notoriamente hanno maggiore difficoltà lavorativa.

Boeri riferisce che 4 su 10 da Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia:

Questo si spiega con il fatto che abbiamo spesso a che fare con persone non occupate, più pronte a fare domanda di pensione. Questo dovrebbe far riflettere sull’idea che il pensionamento liberi posti di lavoro

Entro marzo 2019 saranno inviate circa un milione di buste “arancioni” agli interessati di quota 100 così da incentivare l’identità digitale interagendo con l’apposito programma presente sul sito “La mia pensione futura”.

Reddito di cittadinanza: niente più lavoro

In occasione dell’incontro al Senato, Boeri non solo si è pronunciato su quota 100 e sui rischi attesi per l’Italia, ma ha portato qualche dato anche sul reddito di cittadinanza.

In merito a quest’ultimo sostiene che potrebbe scoraggiare la ricerca del lavoro:

Il 50% dei beneficiari del Rdc sono nuclei senza redditi o comunque senza redditi da lavoro, nuclei tra i quali si celano anche gli evasori e i sommersi totali. Da notare anche la relativamente bassa quota di risorse destinata a nuclei di pensionati

Circa il 30% dei percettori riceverà un trasferimento vicino a 9.360 euro netti, mentre il valore mediano è di 6 mila.

Oltre la metà sono single (circa 664 mila) per i quali viene fissata una prestazione molto alta. Col fine di abbattere la spesa, vengono adottate delle equivalenze restrittive e un tetto molto basso. Stando ai dati forniti da Boeri, circa il 45% dei dipendenti privati del sud ha redditi da lavoro netti inferiori rispetto a quelli garantiti dal reddito di cittadinanza a un individuo che afferma di avere un reddito pari a zero.

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