Blocco rivalutazione pensioni: cosa significa e quanto si perde

Simone Micocci

19 Ottobre 2018 - 09:22

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Sembra che il Governo voglia bloccare ancora la rivalutazione delle pensioni, ma solo per gli assegni superiori ai 2.500€; ecco quali saranno gli svantaggi economici in caso di blocco della perequazione.

Blocco rivalutazione pensioni: cosa significa e quanto si perde

Il blocco della rivalutazione delle pensioni interverrà già per gli assegni di importo superiore ai 2.500€; è con questa misura, che si andrà ad aggiungere al taglio delle pensioni d’oro di importo superiore ai 4.000-4.500€ che il Governo intende recuperare circa 1 miliardo di euro in tre anni.

Al momento non ci sono certezze in merito ma secondo le indiscrezioni sembra certo che il Governo bloccherà il meccanismo della perequazione per quelle pensioni che superano i 2.500€.

Già in passato la rivalutazione è stata bloccata: la Fornero, infatti, dispose il blocco della perequazione nel 2012 e 2013 per le pensioni di importo superiore a tre volte il minimo Inps, ossia per gli assegni più alti di 1.450€.

Nel 2019, invece, la soglia sulla quale si applicherà il blocco della perequazione dovrebbe essere più alta, pari a 2.500€, comportando così una piccola riduzione mensile sugli assegni previdenziali che superano questa cifra.

La riduzione sarà maggiore, invece, per le pensioni d’oro visto che per queste, oltre al blocco della rivalutazione, si applica una vera e propria penalizzazione. Ma andiamo con ordine e vediamo qual è il significato di perequazione e quali sarebbero le conseguenze economiche di un blocco.

Perequazione: significato

Con il termine rivalutazione, o anche perequazione, si intende quello strumento con cui le pensioni vengono adeguate all’aumento del costo della vita rilevato annualmente dall’Istat. L’importanza di questo meccanismo è chiara: adeguando l’importo dell’assegno all’inflazione si mantiene inalterato il potere di acquisto della pensione negli anni.

Questo adeguamento deve essere disposto sui trattamenti erogati dalla previdenza pubblica, quali ad esempio tutte le pensioni dirette - anticipata e di vecchiaia - e indirette, come appunto la pensione di reversibilità.

Perequazione, cosa è successo nel 2018

Come anticipato, la Legge Fornero ha bloccato per due anni - precisamente per il 2012 e 2013 - la rivalutazione delle pensioni. Questo blocco è stato poi parzialmente tolto dalla legge 174/2013 che ha previsto una fase transitoria, in scadenza il 31 dicembre 2018, con cui è stato introdotto un nuovo meccanismo di rivalutazione in attesa del ripristino della precedente normativa.

Nel dettaglio, è stato stabilito che la perequazione si applica in misura piena solamente per coloro che hanno la pensione inferiore a 3 volte il trattamento minimo Inps, mentre per gli importi superiori questa è progressivamente ridotta. Ecco le percentuali delle perequazione per il 2018:

  • 100%: se l’importo è inferiore a 3 volte il trattamento minimo INPS che per il 2018 è pari a 507,42€ (quindi la pensione deve essere inferiore a 1.505,67€);
  • 95%: se l’importo è compreso tra 1.505,67€ (3 volte il trattamento minimo) e 2.007,56 euro (4 volte);
  • 75%: importo compreso tra 2.007,56 euro (4 volte) e 2.509,45 euro (5 volte);
  • 50%: importo compreso tra 2.509,45 euro (5 volte) e 3.011,34 euro (6 volte);
  • 45%: importo superiore a 3.011,34 euro (6 volte).

Il tasso di inflazione definitivo per il 2017 è stato pari a 0, mentre per i primi 9 mesi del 2017 questo è stato dell’1,1%. Ecco perché le pensioni sono state così rivalutate:

  • +1,1% dell’assegno previdenziale se inferiore a 1.505,67€;
  • +1,045% dell’assegno previdenziale se compreso tra 1.505,67€ e 2.007,56 euro
  • +0,825% dell’assegno previdenziale se compreso tra 2.007,56€ e 2.509,45€;
  • +0,550% dell’assegno previdenziale se compreso tra 2.509,45€ e 3.011,34 euro;
  • +0,495% dell’assegno previdenziale se superiore a 3.011,34€.

Ad esempio, chi nel 2017 ha percepito un assegno di 1.200€ ha beneficiato di un incremento di 13€ al mese, mentre per le pensioni di 3.500€ l’incremento è stato di 17€.

Cosa succede nel 2019

Come anticipato, la fase transitoria disposta dalla legge 174/2013 terminerà alla fine dell’anno. Dal 2019, quindi, verranno ripristinate le percentuali contenute nella legge 388/2000, ossia:

  • 100% per le pensioni di importo inferiore a tre volte il trattamento minimo (che oggi è 507,42€ ma subirà una piccola variazione nel 2019);
  • 90% per gli assegni di importo compreso tra 3 e 5 volte il trattamento minimo;
  • 75% per le pensioni superiori a 5 volte il trattamento minimo.

Non ci saranno cambiamenti, quindi, per le pensioni di importo inferiore ai 1.505,67€, per le quali la perequazione verrà effettuata comunque per intero. Ci saranno dei vantaggi notevoli, però, per le pensioni superiori ai 2.509,45€, che mentre quest’anno hanno goduto di una rivalutazione al 50% o 45% (se superiori a circa 3.011€) nel 2019 beneficeranno di una perequazione del 75%.

Facciamo un esempio pratico ipotizzando anche per il 2019 un incremento inflazionistico dell’1,1%. Come abbiamo visto in precedenza, nel 2018 un assegno di importo mensile pari a 3.500€ ha goduto di un incremento di circa 17€ per ogni mese; applicando una rivalutazione al 75%, invece, questo nel 2019 verrebbe incrementato dello 0,825% beneficiando così di 28,87€ in più ogni mese.

Blocco della rivalutazione per gli assegni sopra i 2.500€

Ad oggi, però, non possiamo dare alcuna certezza sul ripristino delle suddette percentuali poiché sembra che il Governo voglia bloccare nuovamente la rivalutazione delle pensioni per gli assegni superiori ai 2.500€.

Se così fosse, di quanto si abbasserebbe la pensione? L’assegno non si riduce, poiché resterebbe invariato rispetto a quanto percepito nel 2018; a cambiare sarà il fatto che su questi assegni non si applicherà alcun incremento relativo alla perequazione.

Ciò significa che se anche nel 2019 - ipotizziamo - verrà confermato un incremento dell’1,1% dell’inflazione, gli assegni superiori a 2.500€ non godranno dell’aumento previsto.

Nel dettaglio, come abbiamo visto in precedenza questi assegni avrebbero goduto, secondo le percentuali stabilite dalla legge 388/2000, di una rivalutazione dell’0,825% con un incremento di circa 20€ al mese; se il blocco verrà confermato, quindi, si perderanno circa 250€ per l’intero anno.

Non è da escludere però che anziché bloccare la rivalutazione, il Governo decida semplicemente di prorogare la fase transitoria descritta dalla legge 174/2013 che prevede delle percentuali meno vantaggiose per gli assegni elevati. Anziché di un incremento dello 0,825% ce ne sarebbe uno dello 0,550%, con l’assegno quindi che verrebbe incrementato di appena 13€.

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