Il colosso svizzero punta su Avidity Biosciences e sulle terapie a RNA per rafforzare la pipeline contro le malattie rare e compensare le future scadenze brevettuali.
Novartis ha annunciato la più grande acquisizione degli ultimi dieci anni: l’acquisto della statunitense Avidity Biosciences per 12 miliardi di dollari. L’operazione, interamente in contanti, prevede il pagamento di 72 dollari per azione, con un premio del 46% rispetto alla chiusura in Borsa di venerdì scorso.
Con questa mossa, il gruppo elvetico rafforza la propria presenza nel campo delle terapie basate sull’RNA, un’area considerata strategica per affrontare malattie neuromuscolari rare e per sostenere la crescita futura.
Avidity, con sede a San Diego, è specializzata nello sviluppo di terapie innovative a RNA mirate ai tessuti muscolari. Tra i progetti più promettenti c’è Del-zota, un farmaco sperimentale contro la distrofia muscolare che ha mostrato risultati clinici incoraggianti e per il quale è attesa entro fine anno la domanda di approvazione regolatoria.
L’operazione dovrebbe completarsi nella prima metà del 2026, segnando un passo decisivo nella strategia di espansione di Novartis, che torna così protagonista del settore biotech.
Cosa c’è dietro la strategia di Novartis?
L’acquisizione si inserisce in una fase cruciale per Novartis, che nei prossimi anni dovrà fronteggiare la scadenza di diversi brevetti chiave. “Il team di Avidity ha costruito un robusto programma nelle terapie RNA sui tessuti muscolari. Guardiamo avanti per sviluppare questi programmi e cambiare la traiettoria delle malattie dei pazienti”, ha dichiarato l’amministratore delegato Vas Narasimhan.
Il Ceo ha spiegato che due dei tre farmaci di Avidity in fase avanzata potrebbero generare ricavi annuali nell’ordine di diversi miliardi di dollari, mentre il terzo ha un potenziale compreso tra 500 milioni e 1 miliardo. L’obiettivo, ha aggiunto Narasimhan, è “rafforzare i prossimi cinque anni in vista delle scadenze brevettuali dei primi anni 2030 e costruire una base di crescita solida fino al 2040”.
In seguito all’annuncio, Novartis ha rivisto al rialzo le previsioni di crescita dei ricavi, stimando un aumento medio annuo tra il 5 e il 6% nel periodo 2024-2029. L’operazione potrebbe avere un impatto leggermente diluitivo sull’utile operativo nel breve termine (1-2 punti percentuali), ma è destinata a potenziare la pipeline innovativa e a consolidare il posizionamento dell’azienda nelle malattie rare e genetiche, un comparto in forte espansione.
Il contesto: ondata di M&A nel biotech
L’acquisizione di Avidity rappresenta solo l’ultimo episodio di una più ampia strategia di M&A nel settore biotech. Negli ultimi mesi, Novartis ha portato a termine altre importanti operazioni, come quella di Tourmaline Bio per 1,4 miliardi di dollari, oltre a nuovi accordi con Anthos Therapeutics, Regulus Therapeutics e la cinese Argo Biopharma per lo sviluppo di farmaci innovativi in ambito cardiovascolare e genetico.
Questo fermento riflette la corsa dei big pharma alle tecnologie RNA, considerate il futuro della medicina personalizzata. Con Avidity, Novartis punta infatti a diventare uno dei principali protagonisti globali in questo campo, consolidando un modello industriale sempre più orientato all’innovazione scientifica e alla sostenibilità di lungo periodo.
L’operazione da 12 miliardi segna dunque non solo la più grande acquisizione del gruppo dal 2015, ma anche una dichiarazione d’intenti per il prossimo decennio.
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