Aumento stipendio statali impiegati negli anni novanta, la sentenza della Corte Costituzionale

Simone Micocci

12 Gennaio 2024 - 11:39

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La Corte Costituzionale boccia la manovra finanziaria del 2001 per la parte che preclude gli scatti di anzianità per il triennio 1991-1993. Aumenti di stipendio in arrivo per i dipendenti pubblici?

Aumento stipendio statali impiegati negli anni novanta, la sentenza della Corte Costituzionale

La Corte Costituzionale è recentemente intervenuta sulla questione degli scatti stipendiali riconosciuti in favore dei dipendenti pubblici impiegati tra gli anni ‘80 e ‘90. Una sentenza importante in quanto toglie allo Stato un importante strumento che in questi anni era servito per negare ai dipendenti pubblici l’aumento desiderato.

Ma andiamo con ordine per spiegare la ragione per cui l’aumento di stipendio, almeno per alcuni dipendenti pubblici, sembra essere più vicino.

A tal proposito, bisogna tornare indietro al 1989, quando con accordo sindacale vennero definiti gli scatti di anzianità in favore dei lavoratori con almeno 5 anni di servizio (e superiori).

Gli scatti di anzianità oggetto del contendere

In sede di accordo sindacale, l’amministrazione e le parti sociali raggiunsero un’intesa per definire gli importi e i requisiti per i cosiddetti scatti di anzianità, poi recepita dal decreto del presidente della Repubblica n. 44 del 1990.

Con tale accordo venne fissato un importo base di 300 mila lire (era ancora lontano d’altronde l’arrivo dell’euro) per le prime tre aree funzionali, per poi salire a 400 mila per le successive tre (quarta, quinta e sesta) e a 500 mila per le ultime tre.

Per poter concorrere a tali importi era però necessario soddisfare un requisito molto importante: alla data dell’1 gennaio 1990 l’esperienza maturata doveva essere di almeno 5 anni.

Vennero previste delle maggiorazioni ulteriori, invece, per coloro che entro la suddetta data avevano raggiunto 10 o 20 anni di esperienza professionale.

Il problema sorge quando con il decreto legge n. 384 del 1992 l’allora governo Amato ha prorogato i contenuti del Dpr n. 44 del 1990 anche per il triennio che va dal 1991 al 1993. Qui l’oggetto del contendere: secondo l’interpretazione data dall’amministrazione, infatti, la proroga non riguarda gli scatti di anzianità per i quali il limite entro cui soddisfare il requisito dei 5, 10 o 20 anni deve comunque essere soddisfatto entro il termine del 31 dicembre 1989.

Di diverso parere i dipendenti pubblici, i quali ritengono che con la proroga la scadenza sia stata spostata di 3 anni. E da qui una serie di ricorsi che in molti casi hanno portato il giudice a esprimersi in loro favore, estendendo il diritto agli scatti a coloro che hanno raggiunto l’anzianità richiesta entro il 31 dicembre del 1992.

L’intervento dello Stato

Per limitare i ricorsi, come pure gli aumenti, lo Stato intervenne successivamente approvando una norma con cui veniva indicata chiaramente la scadenza entro cui bisognava aver maturato la suddetta anzianità di servizio: come spiegato dalla legge n. 388 del 2000 (manovra finanziaria per il 2001), la proroga va intesa per tutte le disposizioni del Dpr 44/1990 eccetto che per gli scatti di anzianità.

Resta ferma, quindi, la scadenza al 1990.

La sentenza della Corte Costituzionale

La notizia sta nell’approvazione di una sentenza della Corte Costituzionale con cui è stata di fatto bloccata la suddetta interpretazione. La Consulta ha infatti ritenuto incostituzionale l’intervento legislativo in oggetto in quanto rappresenta una chiara interferenza del legislatore con giudizi ancora in corso.

Un’interferenza che viola i principi dello stato di diritto e del giusto processo, possibile solo nei casi in cui sussistano “imperative ragioni di interesse generale” che tuttavia la Corte non ha riscontrato in questa circostanza.

Scendendo poi nel dettaglio delle richieste dei dipendenti pubblici interessati, la Corta ha ritenuto che la loro richiesta a godere anche nel nuovo triennio degli scatti stipendiali rispetta a pieno il principio di eguaglianza e giustizia del sistema retributivo, violata invece dalla manovra finanziaria del 2001 per la parte che introduce “un’ingiustificata differenziazione retributiva” apportata ai danni di tutti i dipendenti pubblici che non hanno potuto valorizzare l’anzianità di servizio maturata tra il 1991 e il 1993.

Per chi aumenta lo stipendio

Sicuramente questa sentenza gioca in favore di tutti quei dipendenti pubblici che negli anni scorsi hanno presentato ricorso contro la decisione di non riconoscere gli scatti di anzianità per il triennio 1991-1993.

È ancora presto, invece, per capire se questa sentenza apre uno spiraglio per i nuovi ricorsi. I sindacati si sono presi del tempo per valutare, ma difficile che ci saranno aumenti per chi in questi anni non ha provato a far valere il proprio diritto.

Ricordiamo infatti che - come precisato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella nota n. 1959 del 30 settembre 2022 - la prescrizione per i crediti da lavoro è di 5 anni, quindi potrebbero essere scaduti i termini.

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