Aumento di stipendio del 30%, così l’Italia contrasta la fuga dei cervelli: come funziona e per chi

Simone Micocci

7 Aprile 2023 - 11:13

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Ufficiale l’aumento di stipendio fino al 30% per i ricercatori che restano o arrivano in Italia. Chi ne avrà diritto e perché.

Aumento di stipendio del 30%, così l’Italia contrasta la fuga dei cervelli: come funziona e per chi

Ogni anno dalle Università italiane escono laureati altamente qualificati che tuttavia preferiscono dedicarsi ad attività di ricerca all’estero, dove gli stipendi riconosciuti sono più alti rispetto a quelli previsti nel nostro Paese.

È il fenomeno della cosiddetta “fuga dei cervelli”, al quale il governo Meloni ha provato a mettere un freno con il decreto per la Pubblica amministrazione approvato nella serata del 6 aprile 2023 dal Consiglio dei ministri. E per farlo interviene su quello che sembra essere l’elemento che ha spinto molte eccellenze italiane a dedicarsi ad attività di ricerca all’estero piuttosto che direttamente nel Paese che li ha formati: l’aspetto retributivo.

D’altronde, fino a oggi in Italia lo stipendio di un ricercatore italiano va dai 1.400 ai 1.900 euro, a seconda dell’anzianità, importo che non ci rende competitivi rispetto ad altri Paesi; ragion per cui con il decreto in oggetto viene aumentato il compenso riconosciuto ai ricercatori, compresi per quelli che alla luce di questa novità scelgono di fare ritorno nel nostro Paese.

Aumento di stipendio per contrastare la fuga dei cervelli

Il decreto legge sul rafforzamento della capacità amministrativa in materia di organizzazione delle Pubbliche amministrazioni approvato in data 6 aprile 2023 dal Consiglio dei ministri aumenta i compensi riconosciuti ai ricercatori italiani.

Nel dettaglio, l’aumento - che sarà fino al 30% - verrà destinato a quei ricercatori che risulteranno vincitori di un assegno di ricerca con Horizon Europe, come ad esempio nel caso dei Grant Horizon e Marie Curie, e sceglieranno di portare avanti il progetto nel nostro Paese. I compensi aggiuntivi - che potranno essere riconosciuti tanto ai professori quanto ai ricercatori a tempo determinato - saranno erogati per tutto il periodo di realizzazione del progetto e saranno le Università e gli Enti di ricerca ad erogarlo utilizzando parte di quei finanziamenti che portano in dote i ricercatori vincitori: ragion per cui l’aumento potrà essere riconosciuto senza maggiori oneri per il bilancio dello Stato.

Per il momento però tale novità non è ancora operativa: fermo restando che il suddetto decreto dovrà essere convertito in legge dal Parlamento, entro i prossimi 60 giorni, servirà anche un apposito provvedimento da parte del ministero dell’Università e della Ricerca con il quale dovranno essere definite le modalità di erogazione della quota premiale.

Grazie a questa novità, quindi, si spera di convincere i ricercatori che risulteranno vincitori di un bando Horizon Europe a condurre la propria ricerca in Italia (questi possono infatti scegliere di trasferirsi altrove portando con sé l’intera dote finanziaria) e allo stesso tempo si punta ad attrarre i “cervelli” da altri Paesi: il compenso aggiuntivo, fino al 30%, verrebbe riconosciuto infatti anche nel caso di chi sceglie di trasferirsi in Italia per la realizzazione del progetto finanziato.

Aumento di stipendio per ricercatori, è sufficiente?

Dalla ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, sono arrivate parole di soddisfazione per quanto deciso in Consiglio dei ministri. D’altronde, bisogna fare attenzione a non disperdere uno dei “patrimoni più preziosi del nostro Paese”, quale appunto la ricerca. “Possiamo contare su ricercatori e ricercatrici tra i migliori al mondo”, per questo è importante costruire loro una realtà sempre più “attrattiva” e “accogliente” come invece non sempre è stata in questi ultimi anni.

Secondo gli ultimi dati Istati, infatti, negli ultimi 10 anni sono stati in 74 mila i laureati che hanno scelto di cercare fortune altrove. Numeri che, si spera, potranno ridursi grazie a questa novità che tuttavia non sembra essere sufficiente per arginare il problema della fuga di giovani all’estero.

Non tutti i 74 mila laureati, a cui si aggiungono 86 mila giovani diplomati, si sono trasferiti all’estero per condurre un progetto di ricerca: la maggior parte lo ha fatto infatti per le difficoltà del nostro mercato del lavoro, per il quale al momento non si segnalano ancora novità rilevanti. Bene quindi la novità in oggetto, ma se si vuole che i giovani italiani restino in Italia bisognerà intervenire non solo sulla ricerca ma sull’intero mercato del lavoro.

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