Nonostante le poche risorse destinate alle università e investimenti sotto la media, la ricerca scientifica è in crescita. Però non si trasforma in brevetti.
Anche se frenata da un livello di spesa destinato all’Università più basso della media, in Italia la ricerca scientifica riesce a fare meglio di tanti altri in Europa. I risultati positivi però si traducono solo parzialmente in brevetti, ossia nello sfruttamento commerciale dei risultati: qui il nostro Paese resta indietro, soprattutto negli ambiti a maggiore crescita. In estrema sintesi, è questo il punto della situazione fatto recentemente dalla Banca d’Italia riguardo la filiera nazionale dell’innovazione, a partire dalla ricerca accademica in area STEM (acronimo di Science, Technology, Engineering, Mathematics).
Il record della Cina
Negli ultimi quindici anni la Cina si è affermata come primo paese per numero di pubblicazioni di qualità in area STEM, arrivando a superare il 35% di quota sul totale delle pubblicazioni nel mondo. Ciò ha provocato l’arretramento di Stati Uniti ed Europa, che risultano in entrambi i casi sotto il 20%. L’Italia, invece, pur rappresentando appena il 3% delle pubblicazioni STEM internazionali, si è mantenuta su livelli «pressoché stabili», perché mentre si intensificava l’ascesa cinese che ha ridimensionato il ruolo di Usa e Ue, il nostro Paese ha fatto registrare un «aumento significativo» delle pubblicazioni: di circa il 60% tra 2009 e 2023, in particolare nell’ambito delle scienze mediche. [...]
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