Il Gip di Roma chiude il procedimento che coinvolgeva 40 persone tra ex manager e dirigenti della municipalizzata capitolina per operazioni sospette tra il 2004 e il 2008.
Si chiude definitivamente un capitolo giudiziario che ha accompagnato per sei anni la storia recente della municipalizzata romana dei trasporti. Il giudice per le indagini preliminari Livio Sabatini ha disposto l’archiviazione dell’inchiesta aperta nel 2019 per bancarotta che vedeva coinvolti l’ex amministratore delegato di Atac Gioacchino Gabbuti e altri 39 tra ex manager e dirigenti della società.
La decisione rappresenta un punto finale su un procedimento nato dagli atti della procedura concordataria avviata nel luglio 2018, quando il Tribunale fallimentare di Roma aveva ammesso Atac al concordato preventivo in continuità aziendale.
Il provvedimento del giudice accoglie pienamente la richiesta formulata dalla Procura di Roma, firmata dai pubblici ministeri Alessia Miele e Alessandra Fini. Nella motivazione si evidenzia che non sono emersi elementi sufficienti per configurare una “volontà fraudolenta” o una rilevanza penale nelle condotte contestate. Per Gabbuti si tratta della seconda assoluzione in pochi anni: già nel settembre 2021 era stato scagionato dall’accusa di peculato dopo un lungo processo.
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Le operazioni sotto accusa e l’assenza di dolo
L’inchiesta aveva messo sotto la lente d’ingrandimento diverse operazioni economiche realizzate dalla municipalizzata tra il 2004 e il 2008, contestate come atti di cattiva gestione. Tra queste figuravano investimenti finanziari finiti male, come quelli in titoli Lehman Brothers e Bank of Ireland, l’acquisizione del compendio immobiliare Eur Castellaccio e complesse operazioni di leasing transfrontaliero.
Particolare attenzione era stata riservata all’acquisto nel 2004 di 74 tram e 50 autobus per circa 173 milioni di euro, rimasti in gran parte inutilizzati a causa di problemi tecnici. Proprio su quest’ultimo punto il giudice ha accolto le conclusioni investigative che hanno chiarito come il danno non fosse imputabile agli ex dirigenti ma al fornitore, responsabile di aver consegnato mezzi diversi da quelli ordinati. Il tribunale ha sottolineato che, pur essendo documentate nella richiesta di archiviazione le varie operazioni contestate, mancano completamente connotazioni che permettano di individuare una consapevole intenzione fraudolenta.
Consulenze e premi: nessun danno patrimoniale
Anche le altre contestazioni sono state smontate dalle indagini. I premi riconosciuti ai dirigenti aziendali, contestati inizialmente come possibile depauperamento patrimoniale, risultavano previsti da accordi sindacali del dicembre 2016 ma non erano mai stati effettivamente erogati, come evidenziato dalla stessa Guardia di Finanza.
Quanto agli incarichi di consulenza affidati tra il 2007 e il 2009 a una società partecipata da alcuni indagati, le verifiche hanno dimostrato che tali servizi si erano rivelati utili per Atac, contribuendo all’analisi e alla riorganizzazione di settori aziendali specifici, senza provocare alcun danno patrimoniale concreto alla municipalizzata.
Il giudice ha condiviso integralmente le valutazioni della Procura, stabilendo che gli elementi raccolti nelle indagini preliminari non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna. Oltre a Gabbuti, vengono così archiviate le posizioni di tutti gli altri 39 indagati, tra cui figurano nomi come Filippo Allegra, Maurizio Basile, Francesco Carbonetti, Roberto Cavalieri e molti altri ex dirigenti che hanno ricoperto ruoli apicali nella società capitolina del trasporto pubblico.
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