Apple dichiara guerra all’India. La Big Tech dice no all’app statale imposta dal governo

P. F.

3 Dicembre 2025 - 14:01

Il governo indiano ha imposto ai cittadini di installare un’app statale per la cybersicurezza. Apple, da sempre molto attenta alla privacy degli utenti, si è opposta con fermezza alla decisione.

Apple dichiara guerra all’India. La Big Tech dice no all’app statale imposta dal governo

Apple ha deciso di opporsi con forza a una direttiva del governo indiano che impone ai produttori di smartphone di preinstallare “Sanchar Saathi”, un’app statale per la cybersicurezza, su tutti i dispositivi venduti nel Paese. L’ordine, emesso in forma riservata a fine novembre 2025, riguarda non solo i nuovi smartphone, ma anche quelli già in commercio, che dovrebbero essere aggiornati via software per integrare l’app.

Secondo fonti interne riportate da Reuters, la società guidata da Tim Cook comunicherà al governo la sua contrarietà in modo diretto ma senza clamore. Non sono previste, quindi, cause legali imminenti o campagne denigratorie pubbliche nei confronti delle istituzioni indiane, ma “solo” un’opposizione netta alla questione. D’altronde, la tutela della privacy degli utenti è da sempre uno dei pilastri fondamentali della filosofia Apple.

Il pretesto della sicurezza e il timore della sorveglianza

Il governo indiano presenta “Sanchar Saathi” come uno strumento di sicurezza nazionale. È un’app pensata per tracciare telefoni rubati o smarriti, bloccarli da remoto, prevenire frodi, verificare la legittimità dei dispositivi e contrastare il mercato nero. Un ecosistema, nelle intenzioni ufficiali, più protetto e più facile da controllare.

La narrazione istituzionale, però, non convince tutti. Politici dell’opposizione, gruppi per i diritti digitali e una parte significativa dell’opinione pubblica denunciano il rischio che l’app diventi un nuovo strumento di sorveglianza di massa. In particolar modo, gli oppositori criticano la violazione della privacy e l’invasione nella sfera personale degli utenti, uno scenario che richiama l’immagine del “Grande Fratello” digitale installato direttamente sullo smartphone.

Alcuni leader dell’opposizione indiana hanno definito l’obbligo una “intrusione ingiustificata” nella vita privata dei cittadini e una minaccia alle libertà digitali sancite dalla Costituzione.

Un nuovo capitolo nello scontro normativo tra Apple e India

Questa vicenda si inserisce in un contesto più ampio di tensioni tra Apple e le autorità indiane. Solo pochi giorni fa, l’azienda fondata da Steve Jobs aveva contestato davanti all’alta corte di Delhi una nuova norma sulle sanzioni antitrust, che permetterebbe al regolatore locale di calcolare le multe in base al fatturato globale di un’azienda e non solo su quello generato in India. Un cambiamento che, per Apple, rischia di amplificare in modo sproporzionato l’impatto delle violazioni contestate.

L’ordine sulla preinstallazione di un’app governativa rappresenta comunque un precedente senza paragoni nel Paese. È la prima volta che l’India tenta di imporre un software statale su ogni smartphone venduto sul mercato nazionale, una misura che potrebbe riguardare decine o centinaia di milioni di dispositivi.

Le incognite per il mercato e per l’ecosistema iOS

Il rifiuto di Apple apre ora diversi scenari. Da un lato, la Big Tech rischia frizioni ancora più profonde con uno dei mercati più strategici e in crescita al mondo dove, pur mantenendo quote minori rispetto ad Android, raccoglie una fetta importante del segmento premium.

Dall’altro, la questione mette in evidenza un problema sempre più attuale e preoccupante: entro quale limite i governi possono intervenire nell’architettura dei dispositivi digitali? E fino a che punto i colossi della tecnologia possono resistere senza compromettere la loro presenza locale?

La posizione di Apple, pur espressa con discrezione, rappresenta un messaggio chiaro. I compromessi sulla privacy dell’utente non sono contemplati, nemmeno davanti alle richieste di un governo potente e influente come quello indiano.

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