Appalti pubblici senza gara fino a 150.000 euro

Anna Maria D’Andrea

20 Dicembre 2018 - 17:07

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Appalti pubblici senza gara fino a 150.000 euro: la novità in un emendamento alla Legge di Bilancio 2019 caro alla Lega che non piace però al M5S. L’obiettivo è sbloccare gli investimenti pubblici e “smontare” il codice degli appalti.

Appalti pubblici senza gara fino a 150.000 euro

Appalti pubblici senza necessità di gara fino a 150.000 euro: il compromesso tra Lega e M5S è stato trovato ed è stato tradotto in un emendamento alla Legge di Bilancio 2019.

Rispetto ai 200.000 euro ipotizzati in via iniziale, la soglia per gli appalti senza gara si riduce di un quarto e punta a perseguire l’obiettivo di sbloccare gli investimenti e per velocizzare procedure che rallentano i lavori da parte dei Comuni.

La critica mossa dagli addetti ai lavori e anche dal M5S è tuttavia che l’affidamento di lavori pubblici senza gara comporti il rischio di selezioni basate su criteri poco trasparenti. Ad oggi il limite di importi per l’affidamento di appalti senza gara è fissato a 40.000 euro.

La Legge di Bilancio 2019 arriva quasi a quadruplicare questa soglia e il primo a sollevare perplessità è il presidente dell’Anac Cantone: “Così aumentano i rischi di corruzione e di affari mafiosi”.

Appalti senza gara fino a 150.000 euro, la novità nella Legge di Bilancio 2019

I comuni e in genere la Pubblica Amministrazione potranno affidare lavori senza gara fino ad un importo di 150.000 euro. La novità, tradotta in un emendamento alla Legge di Bilancio 2019 dopo la trattativa tra Lega e M5S, si affianca alla procedura soft prevista per gli appalti di importo maggiore.

Gli appalti pubblici potranno essere affidati “previa consultazione di tre o più operatori economici” tra i 150.000 e i 350.000 euro di lavori. Procedure di gran lunga meno complesse di quanto previsto dal codice degli appalti che il Governo inizia a smantellare proprio partendo dalla possibilità di affidamento diretto di lavori che dalle somme anche rilevanti.

Le deroghe alla procedura standard saranno circostanziate al 2019, “nelle more di una complessiva revisione del codice degli appalti”.

Non mancano le critiche. Tra i primi a sottolineare il rischio che l’allentamento delle regole sugli appalti porti ad un incremento di corruzione ed infiltrazioni mafiose è stato il Presidente dell’ANAC Cantone.

Appalti facili per sbloccare gli investimenti

L’obiettivo del Governo è quello di sbloccare gli investimenti ed è pari a 7 miliardi di euro il totale dei lavori che potrebbero essere eseguiti dal 2019 senza la necessità di gare, motivazione e consultazioni ma con affidamento diretto da parte dei sindaci.

A fornire la motivazione alla base della scelta era stato il Sottosegretario al MEF Gravaglia che, in sede di approvazione della Nota di aggiornamento al DEF aveva dichiarato:

“Ci vuole un anno e mezzo o due per sistemare il tetto di una scuola in cui piove. Ce l’ha ordinato il dottore di avere una soglia di 40.000 euro quando in Europa per tanti piccoli lavori si va a 200.000? Con una soglia di 200.000 euro puoi riparare il tetto senza attivare tutta la procedura”

Non importa se ora la soglia per le gare senza appalto sia stata di fatto ridotta a 150.000 euro, con un taglio di 50.000 euro rispetto alla proposta iniziale della Lega. Il problema è che l’Italia è un Paese che (purtroppo) ha un problema endemico di corruzione e favoritismi e che, sebbene l’approvazione del DdL Anticorruzione sia un vanto del M5S, vale la pena riportare le dichiarazioni di Cantone, a capo dell’Autorità Nazionale Anticorruzione:

“Bisogna ricordare che questo meccanismo è oggettivamente pericolosissimo. Non solo sotto il profilo dei rischi correttivi ma anche per le potenziali infiltrazioni mafiose. Inoltre si crea un danno alla concorrenza, perché la maggioranza dei lavori verrebbero assegnati in base alla discrezionalità totale”.

Si attende adesso l’approvazione definitiva della Legge di Bilancio 2019 per valutare a pieno gli effetti delle novità sugli appalti pubblici. Sarà necessario attendere ancora alcuni anni per capire, invece, quali conseguenze pratiche avrà per le imprese la “liberalizzazione” tanto cara alla Lega.

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