Amazon sotto processo per aver indotto gli utenti ad abbonarsi a Prime. Ecco cosa rischia

P. F.

23 Settembre 2025 - 12:13

Il colosso dell’e-commerce digitale è accusato di aver manipolato milioni di utenti ad acquistare il suo servizio Prime.

Amazon sotto processo per aver indotto gli utenti ad abbonarsi a Prime. Ecco cosa rischia

È arrivata la resa dei conti per Amazon. Questa settimana è iniziato ufficialmente il processo della Federal Trade Commission (FTC), l’agenzia governativa statunitense per la tutela dei consumatori, contro il colosso dell’e-commerce fondato da Jeff Bezos.

L’accusa, risalente al 2023, è gravissima: Amazon avrebbe forzato milioni di utenti a iscriversi al suo servizio Prime e manipolato l’interfaccia utente del sito con lo scopo di rendere estremamente difficile la revoca dell’abbonamento.

Perché Amazon è sotto processo?

La causa, intentata a giugno del 2023 sotto l’amministrazione dell’ex presidente Joe Biden, accusa Amazon di aver manipolato gli utenti a iscriversi al servizio Amazon Prime tramite l’utilizzo di dark patterns, design ingannevoli di interfaccia che avrebbero indirizzato i clienti verso l’iscrizione, oscurando l’opzione di rifiuto che, invece, sarebbe stata nascosta e scritta a caratteri minuscoli.

Comportamenti del genere violano la legge federale Restore Online Shoppers’ Confidence Act (ROSCA), che impone la divulgazione chiara dei termini, il consenso esplicito del consumatore e un sistema semplice di cancellazione.

Sotto l’occhio del ciclone, inoltre, c’è anche l’iter di cancellazione dell’abbonamento che, secondo la Federal Trade Commission, sarebbe stato estremamente difficile da portare a termine. La procedura adottata da Amazon è stata ribattezzata “Iliad Flow”, o sistema Iliade, un chiaro riferimento al leggendario poema epico di Omero che narra la lunga e sanguinosa guerra di Troia.

A partire dal 2016, gli utenti intenzionati a disdire il servizio Prime si sarebbero ritrovati ad affrontare un processo di cancellazione lunghissimo con “quattro pagine, sei clic e quindici opzioni”, come riportato dalla FTC.

L’iter, inoltre, allertava i clienti con numerose “vie di fuga” dal contenuto allarmistico, sottolineando come - una volta effettuata la cancellazione - avrebbero perso grandi vantaggi come offerte promozionali e sconti imperdibili. Non erano presenti, inoltre, alternative alla procedura online se non quella di contattare direttamente il servizio clienti.

La risposta alle accuse

La società di Jeff Bezos ha respinto prontamente le accuse, dichiarando che la FTC stia forzando l’interpretazione della legge e che le pratiche contestate si basino su processi di cancellazione ormai smantellati dall’azienda. La società, poi, ha tenuto a esaltare la grande offerta del suo pacchetto Prime che, nella versione americana, offre vantaggi come spedizioni gratuite e celeri, accesso alla piattaforma streaming Prime Video e sconti presso la catena di supermercati Whole Foods.

Va sottolineato anche che, nonostante la popolarità del piano free dell’e-commerce, il servizio Prime sarebbe una delle principali fonti di introito per la società di Seattle. Secondo un’analisi di Consumer Intelligence Research Partners, gli iscritti a Prime spenderebbero in media il doppio rispetto ai clienti occasionali, portando all’azienda circa 44 miliardi di dollari di ricavi annuali. Negli Stati Uniti, l’abbonamento ha un costo di 139 dollari (circa 118 euro) l’anno o di 14,99 (circa 13 euro) al mese.

Cosa rischia ora Amazon?

Il processo dovrebbe durare circa un mese. Nel caso in cui Amazon venisse dichiarata colpevole dalla giuria, il giudice renderà noto l’ammontare dei danni che l’azienda dovrà pagare. Tuttavia, le prospettive per la società non sembrano favorevoli. Il giudice John Chun ha stabilito che Neil Lindsay e Jamil Ghani, due alti dirigenti dell’azienda, potrebbero essere chiamati a rispondere personalmente qualora una giuria accertasse violazioni di legge da parte di Amazon.

Inoltre, Chun ha accusato la società di aver nascosto decine di migliaia di documenti, bollando il comportamento come “malafede” e sottolineando che, date le prove inequivocabili, nessuna giuria potrebbe votare a favore di Amazon. Non resta che attendere il verdetto. Per ora, però, le sorti dell’e-commerce non appaiono particolarmente favorevoli.

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