Alterazione dell’arma di ordinanza: vietato modificare le dotazioni

Vittorio Proietti

4 Maggio 2017 - 18:20

Vietata l’alterazione dell’arma d’ordinanza: il potere di offesa della dotazione non può essere potenziato, è reato. Ecco un caso esemplare.

Alterazione dell’arma di ordinanza: vietato modificare le dotazioni

L’arma d’ordinanza consegnata in dotazione alle Forze Armata non può essere manomessa, né ne può essere potenziata la capacità di offesa, poiché questo può configurarsi come reato, oltre che minare la sicurezza dei cittadini durante il servizio.

Il ricorso del Luogotenente dei Carabinieri giudicato dal Tribunale di Lecce con Sentenza 18509/2017 è esemplare di come i militari delle Forze Armate possano commettere reati anche per eccesso di zelo, come l’errata sostituzione delle munizioni in dotazione.

Il carabiniere citato nella Sentenza ha infatti inserito due colpi di diversa destinazione nell’arma d’ordinanza, aumentando il serbatoio delle munizioni di due proiettili aggiuntivi riservati a scenari di guerra, la cui detenzione è vietata in luogo pubblico.

Alla richiesta di consegna, secondo gli atti, egli avrebbe presentato un caricatore diverso, ammettendo implicitamente la colpa di alterazione dell’arma di ordinanza e complicando la sua situazione processuale.

Vediamo quali sono i rischi dell’alterazione dell’arma di ordinanza e cosa prevede la legge in caso di violazione.

L’arma d’ordinanza: la legge vieta l’alterazione

L’arma d’ordinanza detenuta dalle Forze Armate rispetta degli standard e non può essere alterata dai militari che ne hanno il dovere di custodia, oltre che la possibilità d’uso per offesa. L’alterazione è infatti stata individuata come aumento della capacità di offesa, assolutamente vietata dalla giurisprudenza.

In particolare il Decreto del Presidente della Repubblica 359/1991 impone che la pistola semiautomatica in dotazione individuale abbia determinate caratteristiche, indicate con precisione all’Art. 10, tra cui il tipo di munizioni.

L’alterazione è reato in quanto l’arma d’ordinanza ha necessità di assicurare la sicurezza del personale delle Forze Armate, ma anche dei cittadini, deve essere perciò adeguata e proporzionata alle esigenze di prevenzione e repressione dei reati. Le munizioni ad uso in guerra sono ovviamente proibite nel servizio ordinario.

Il fatto non sussiste: la Corte è orientata ma il reato esiste

L’alterazione dell’arma di ordinanza comporta una serie di reati che il giudice del Tribunale di Lecce identifica nell’azione del Luogotenente dei Carabinieri, in seguito prosciolto per vizi di forma degli atti, oltre che per una visione orientata della Corte stessa.

La sostituzione delle munizioni contravviene comunque all’Art. 3 della Legge 111/1975, recante il divieto di alterazione meccanica e aumento delle potenzialità dell’arma in dotazione. La pena è la reclusione da 1 a 3 anni, con multa dai 300 ai 2000 euro circa.

Aumentare la potenza dell’arma d’ordinanza mina la sicurezza dei cittadini e questo contraddice l’obiettivo e il lavoro quotidiano delle forze dell’ordine. Malgrado il ricorso del carabiniere sia andato a buon fine, il reato è stato commesso e ciò non può passare inosservato.

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