Usa: se il deficit e la dinamica occupazionale prendono strade diverse

Alessio Trappolini

5 Marzo 2018 - 13:10

La recente riforma fiscale voluta dal presidente Donald Trump rischia di mettere in discussione la capacità d’intervento del Governo in caso di future fasi recessive dell’economia

Usa: se il deficit e la dinamica occupazionale prendono strade diverse

La riforma fiscale fortemente voluta dal presidente Usa Donald Trump è arrivata in un momento della congiuntura economica insolito. Lo sostiene Josh Feinman, U.S. Chief economist di Deutsche AM, che a tal proposito ha osservato un’interessante divergenza che si è mostrata negli ultimi mesi fra la dinamica del deficit statunitense e il tasso di disoccupazione nel Paese.

Queste osservazioni sono state trasposte sul “chart of the week” proposto agli investitori nel consueto report settimanale pubblicato oggi dalla società di gestione.

Solitamente quando l’economia cresce (e quella degli Stati Uniti cresce quasi ininterrottamente da quasi decennio) si cerca di ridurre la pressione sul deficit. “In fasi congiunturali come quelle attuali generalmente il deficit federale si riduce”, ha osservato Feinman citando alcuni numeri a sostegno della propria tesi:

quanto detto è vero in gran parte di questo ciclo economico, dal momento che il disavanzo è sceso dal 9,8% del PIL nell’anno fiscale 2009 (dopo la Grande recessione) al 2,4% nell’anno fiscale 2015. Ma poi, stranamente, ha ripreso a salire, fino al 3,2% e 3,5% nei due anni successivi, poiché le entrate avevano deluso un po’, il contenimento della spesa si era allentato e le pressioni a più lungo termine per agevolazioni e aspetti demografici hanno continuato a crescere.

Ecco perché la divergenza mostrata nel grafico è davvero insolita, “è praticamente senza precedenti vedere un aumento del deficit di questa portata in un momento in cui l’economia è vicina alla piena occupazione e cresce al di sopra del suo potenziale", ha chiosato il capo economista di Deutsche AM.

Alla luce di quanto esposto, Feinman ha detto di aspettarsi che il deficit federale quest’anno salga al 4,25% del PIL e al 4,75% nell’anno fiscale 2019.

Più difficile, invece, sarà valutarne gli impatti nel lungo periodo. “Più un governo prende a prestito durante i periodi di piena occupazione, meno saranno le risorse disponibili per le future misure tese a potenziare la produttività. I tassi di interesse aumentano e la crescita del capitale sociale della nazione rallenta. E tutto ciò limita la capacità d’intervento attraverso stimoli fiscali durante le eventuali fasi recessive che si potrebbero presentare”, ha concluso Feinmen.

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