Nel 2014 prenderanno il via gli stress test su 130 banche dell’Eurozona. Obiettivo? Asset Quality Review, per rendere più sicuri gli investitori. Come verranno trattati i titoli di stato che le banche detengono in portafoglio?
Bisogna fornire al mercato e agli investitori un quadro trasparente sullo stato di ogni singola banca. Questo è l’obiettivo dei prossimi stress test ai quali verranno sottoposti i 130 maggiori istituti di credito dell’Eurozona dall’inizio del prossimo anno fino ad Autunno 2014.
Per le banche non sarà di certo una passeggiata. E nemmeno per la BCE, chiamata a condurre i test e a svolgere il ruolo di supervisore del sistema bancario dell’area euro.
Uno stress test in tutti i sensi
Il check up al quale verranno sottoposti gli istituti di credito consisterà in:
- un’analisi sulla qualità delle attività detenute in portafoglio
- uno stress test per verificare in quale situazione si troverebbero le banche nel caso di uno shock esterno significativo.
Le banche verranno penalizzate se, la notizia è della settimana scorsa, tra le attività figurano molti titoli di stato di qualità non massima. La ragione? Spingere gli istituti a dirottare denaro all’economia reale invece che tenerlo parcheggiato in bond sovrani.
Come ha affermato Peter Praet in un’intervista al Financial Times, l’operazione di controllo dei bilanci prevede che i titoli pubblici in possesso degli istituti di credito non saranno tutti considerati a rischio zero, ma valutati sulla base del rischio che pongono per il capitale delle banche. I titoli di stato verranno quindi accomunati agli altri prestiti, sebbene con gradazioni diverse. Quindi, avendo un rischio, sarà necessario che la banca che li possiede aumenti il proprio capitale in modo da coprirlo.
La liquidità verso l’economia reale
L’obiettivo è quello di fare in modo che le banche prestino denaro ad imprese famiglie piuttosto che investirlo in titoli di stato. Al di là del realismo che un’ipotesi simile può avere (se l’attività economia non riparte, e quindi la domanda aggregata non aumenta, sarà difficile che le banche prestino denaro all’economia reale, nonostante il divieto di acquistare titoli di stato), la decisione da parte di Francoforte sembra essere legata al possibile congelamento dell’attività bancaria per tutto il periodo durante il quale i test verranno svolti.
Se una banca presta, infatti, deve controbilanciare il prestito con una quota di capitale. Molto meglio sarebbe per la banca acquistare titoli di stato, privi di rischio. Attribuendo invece anche ai bond pubblici uno status simile a quello di altre attività rischiose, si vogliono incentivare gli istituti di credito ad impiegare la liquidità in prestiti a soggetti privati.
Quali rischi in una simile procedura?
Si vuole quindi fare in modo che cambi la figura del debitore: dal pubblico al privato. C’è però un grande rischio in una simile procedura. Già dopo il 2008 i titoli di stato sono stati di fatto declassati al pari di altre attività più rischiose, quando la BCE ha cambiato le regole sul collaterale accettato e sulla quantità di liquidità da concedere nei prestiti alle banche commerciali a seguito della crisi. Allargando il collaterale accettato, le banche hanno di fatto preferito impiegare i titoli più rischiosi nelle operazioni con la BCE, mentre i titoli di stato, utilizzati prevalentemente negli scambi all’interno del mercato interbancario, hanno perso la loro importanza, in quanto il mercato interbancario ha praticamente cessato di funzionare.
La conseguenza? L’aumento nei tassi d’interesse sui titoli pubblici, rallentato dall’intervento della BCE sui mercati secondari e in sede d’asta. Se i titoli di stato vengono allora ancora di più uguagliati ad altre attività rischiose, il risultato potrebbe essere un ulteriore calo nella domanda di titoli pubblici, specialmente quelli della periferia dell’Euro, con un conseguente aumento nei tassi d’interesse. Lo spread ritornerebbe imperante sulle prime pagine dei giornali.
Siamo proprio sicuri che l’Europa lo voglia?
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