Continua la tensione in Ucraina, anche dopo la firma della pace a Kiev. Il paese è vulnerabile sia sotto il profilo politico sia economico
Nonostante la recente tregua tra il governo in carica e l’opposizione, l’Ucraina continua a destare forti apprensioni a causa dell’escalation di violenze di piazza (che avrebbero mietuto già più di 100 vittime) ma anche per fattori economici, che di certo non sorridono a Kiev. L’ex repubblica sovietica è in recessione da due anni e ha un elevato deficit di bilancio. Inoltre il debito pubblico è per circa la metà in mano a creditori internazionali, per cui il rischio di default è piuttosto elevato. Tanto che Standard & Poor’s ha deciso di abbassare il rating sovrano a CCC da CCC+, sottolineando come Kiev sia davvero a rischio bancarotta se non si dovesse raggiungere un accordo tra le forze politiche in modo stabile e duraturo.
Il paese è assolutamente vulnerabile e ancora troppo legato all’incognita russa. Mosca è stato finora l’unico finanziatore di Kiev in queta fase delicata di crisi economica e politica. Dal Cremlino è giunta la promessa di un prestito da 15 miliardi di dollari complessivi, ma chiaramente subordinati agli interessi tattici e politici della Russia. Non a caso venerdì Mosca ha annunciato di aver congelato la seconda tranche da 2 miliardi di dollari prevista per la scorsa settimana. In pratica i russi vogliono prima capire cosa comporterà la pace firmata a Kiev e solo dopo versare il denaro promesso nelle casse ucraine. Gli investitori stranieri hanno comunque ridotto le vendite sui bond pubblici ucraini, sperando magari in un aiuto del Fondo Monetario Internazionale.
In effetti il FMI viene considerato l’unico vero player in grado di stabilizzare la situazione economico-finanziaria di Kiev. Tuttavia l’istituto di Washington si è già scottato nel 2010, quando a fronte di un finanziamento di 15 miliardi di dollari per scongiurare la bancarotta non è stato attuato un programma economico in grado di risollevare il paese dalla crisi. Il FMI ha di recente ricordato come le autorità monetarie ucraine abbiano mantenuto elevato il valore della propria moneta (la hryvnia, ndr) creando problemi di competitività al già debole export ucraino, che per il 26% del totale finisce in Russia. Il disavanzo esterno è all’8% del pil, per cui i conti pubblici sono in disordine nonostante il rapporto debito/pil sia solo al 38,5%.
In pratica l’Ucraina ha fatto esattamente il contrario di quello che aveva richiesto il FMI in cambio degli aiuti e da metà 2012 è piombato in una forte recessione. Kiev si era già scottata dopo la crisi finanziaria globale del 2008 quando il pil scese del 15%, a causa del crollo dei prezzi dei metalli e dei minerali, e la hryvnia perse il 60% del suo valore. Fu il FMI a evitare il default con un’iniezione da 15 miliardi di dollari, ma oggi a Washington non sono molto convinti di ripetere la stessa esperienza senza avere adeguate garanzie. Secondo gli esperti di Raiffeisen, che seguono molto da vicino i mercati emergenti dell’Europa orientale, l’Ucraina non è a rischio fallimento in questo momento, ma “nel caso in cui la situazione politica restasse instabile per diversi mesi allora un default potrebbe diventare sempre più probabile”.
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