Niente più acquisti di asset, titoli del Tesoro e bond garantiti da mutui, la Fed chiude i rubinetti del Qe. Giovedì 6 novembre il prossimo vertice della Bce.
Ieri sera dopo due giorni di vertice Fomc, la Fed ha annunciato la fine del quantitative easing il programma di acquisto di asset, titoli del Tesoro e bond garantiti da mutui, iniziato nel lontano 2008. La chiusura dei rubinetti della Fed era già stata annunciata nel vertice scorso, quindi la notizia non ha destato sorpresa sui mercati. La Borsa alla vigilia, attendeva di sapere se insieme alla fine del Qe sarebbe arrivato anche un rialzo dei tassi. La Fed ha invece deciso di portare avanti politiche espansive, lasciando i tassi prossimi allo zero ancora per "un considerevole periodo di tempo". Saranno i prossimi dati su inflazione e disoccupazione a determinare passi avanti o indietro verso la stretta monetaria.
Le decisioni della Fed non impattano soltanto sull’economia statunitense, ma anche, ovviamente, sull’eurozona, rimasta a guardare dalla finestra la fine del Qe americano. La domanda è: cosa farà adesso la Bce? Il prossimo vertice della Banca centrale europea è fissato per giovedì 6 novembre.
Fine del Qe
Ieri si è conclusa un’epoca, durata sei anni, in cui la Fed ha lanciato ben 3 quantitative esasing, programmi di acquisto bond e titoli di Stato. Dal novembre 2008 ad oggi la banca centrale americana ha accumulato un portafoglio titoli valutabile in circa 4mila miliardi di dollari.
La Fed è giunta alla decisione di chiudere i rubinetti alla luce di "un sostanziale miglioramento nell’outlook del mercato del lavoro dall’inizio dell’attuale programma di acquisto di asset". L’economia statunitense mostra, secondo i vertici della sua banca centrale, "sufficiente forza per sostenere progressi verso la massima occupazione nel contesto di una stabilità dei prezzi". Si considera "relativamente diminuita" la probabilità di un’inflazione "persistentemente sotto il 2%" sintomo di fragilità della crescita.
Ora il mercato attende di sapere le prossime mosse sui tassi di interesse. Secondo gli analisti alcune risposte arriveranno già dal vertice di dicembre, quando è in programma la conferenza stampa del governatore Janet Yellen. Il rialzo dei tassi interbancari, ora tra la 0 e lo 0,25%, è ipotizzabile a partire dalla metà del 2015.
Cosa farà la Bce?
Il prossimo vertice della Bce è fissato, come sempre, per il primo giovedì del mese, il 6 novembre. Sul tavolo di Draghi ci sono sostanzialmente due strade: prendere in consegna il testimone lasciato dalla Fed e lanciare il primo Qe europeo; oppure, considerare la fine del Qe statunitense un buon motivo per non lanciare il Qe nell’Eurozona.
Stimare l’effetto dalla fine del Qe sull’economia europea non è facile. Ma l’obiettivo di Mario Draghi è di rilanciare la crescita e riportare l’inflazione intorno al 2%. Per farlo la via principale è il deprezzamento del cambio euro-dollaro. La fine del Qe potrebbe comportare un rialzo dei tassi negli Usa, con il rischio di un prematuro rialzo dei tassi di interesse anche in Europa.
La Bce dovrebbe fare in modo che il deprezzamento dell’euro non avvenga per l’instabilità dell’economia dell’Europa, ma grazie a politiche volte a stabilizzarla evitando ai tassi europei di essere trainati al rialzo da quelli americani. Una strada da seguire potrebbe essere proprio quella Qe: acquistare titoli dalle banche, anche quelli in dollari e punire chi continua a depositare soldi alla Bce, costringendo di fatto le banche a iniettare la liquidità nell’economia reale. Per mettere in campo politiche espansive non convenzionali però, Draghi dovrà fare i conti con i falchi europei, da sempre contrari a soluzioni di questo genere.
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