Treni ad alta velocità, miliardi di euro spesi a caso. Quali soluzioni?

Erasmo Venosi - Alberto Baccega

17 Luglio 2019 - 09:28

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Secondo l’analisi economica i progetti AV sono risultati tutti negativi. Parliamo della singolarità di progetti costosissimi e della esistenza di soluzioni congrue ma non applicate.

Treni ad alta velocità, miliardi di euro spesi a caso. Quali soluzioni?

La madre di tutte le infrastrutture in Italia è stata la realizzazione del sistema dell’alta velocità ferroviaria. Stimando i costi delle linee, della rete elettrica, degli elettrodotti e delle cabine elettriche dedicate, degli interessi e delle spese finanziarie e infine delle mitigazioni degli impatti ambientali, oltre che delle compensazioni richieste dagli Enti locali, si arriva tranquillamente per la To/Mi/Na a 100 miliardi di euro.

Assenti sia l’analisi economica degli investimenti e sia quella di un possibile ruolo anticiclico. Ruolo assai dubbio quest’ultimo se si pensa che gli investimenti in grandi infrastrutture sono “capital intensive” e realizzate in tempi lunghissimi. Ancor più se solo si considera una sciagurata legge detta dei “lotti costruttivi”, cioè affidati a un unico soggetto, che potrà realizzare mezza linea, mezzo rilevato, mezza trincea senza alcuna possibilità d’uso proprio perché non funzionale.

Lo staff del Professor Ponti, nominato dal Ministro delle Infrastrutture, spesso esaminando un progetto ferroviario è giunto ad attribuirvi costi superiori all’utilità che esso fosse capace di generare. Nelle analisi del Prof. Ponti si trovano spesso tracce di problemi progettuali:

  • la previsione del traffico non convince nemmeno a prima vista;
  • l’utilità che se ne ricava, dedotte le spese di costruzione e d’esercizio e tutte le altre poste con segno meno, è negativa, pure apprezzando correttamente il beneficio ambientale, stando on the safe side;
  • in ragione della scelta infrastrutturale, pochi treni possono essere inviati sul nuovo tracciato;
  • la linea storica è esclusa da aggiornamenti significativi, continuando a dover ospitare ciò che resta dopo un insufficiente trasferimento di traffico su quella progettata (è il caso della Milano-Torino storica a fronte di quella AV, per esempio);
  • il sistema della linea storica e della nuova linea potrà essere utile, forse, tra 50 anni, ovvero in un futuro indefinito e assolutamente incerto, sul quale le previsioni non sono attendibili e così via.

In casi come questi, si può cercare di verificare se il progetto analizzato sia stato concepito allo scopo di avere senso. È logico che se non ne abbia uno trasportistico e ambientale, quello esaminato sarebbe un progetto, probabilmente, mal concepito. Quali le cause di una progettazione così discutibile?

Tra queste:
a) lo staff redattore del progetto può essere stato scelto da un consorzio di imprese che non ha mai sostenuto il vaglio di un bando di gara e che non abbia nemmeno provato a mobilitare provate competenze ferroviarie;
b) il redattore del progetto può essere indifferente al suo risultato economico.

Possiamo chiederci perché mai, nel nostro Paese, sia un caso frequente; oppure, come mai un progetto siffatto possa essere stato oggetto di un’approvazione poco avveduta - inclusa la registrazione delle delibere di approvazione e/o di finanziamento da parte della Corte dei Conti - e magari abbia raggiunto una soglia procedimentale imbarazzante, dalla quale una semplificante analisi giuridica affermi che sia controverso il vantaggio di retrocedere come nel recente eclatante caso della Bs/Vr.

Si è visto e si vede, troppo spesso, proporre di non fermare opere perché costerebbe troppo rinunciarvi. Che dimostrazione di impotenza e di resa, di fronte alla necessità di cambiamento, pure percepita, verrebbe da dire! Si tratta di quesiti di rilievo che non affonderemo, non perché siano privi d’interesse; tutt’altro, ma restiamo concentrati sul problema del progetto.

Emblematico il caso della linea Milano-Venezia e in particolare il tratto tra Brescia e Padova. È una ferrovia lunga circa 148 km. Vediamo, dapprima, un paragone: la linea veloce (fino a 300 km/h) Erfurth-Halle-Leipzig lunga 121 km, costata 3,0 miliardi di euro secondo le ferrovie tedesche - costruita su un territorio pianeggiante, intervallato da considerevoli sistemi collinari - è stata posta definitivamente in esercizio all’inizio del 2016.
Quella linea mostra viadotti e gallerie in misura paragonabile a quella ipotizzata tra Brescia e Padova. Assunto, un aggiornamento di circa il 10% per tener conto del tempo trascorso e un rapporto pari a 148/121 = 1,223 (basato sulle rispettive lunghezze), il costo della tratta italiana dovrebbe stimarsi attorno a 4,03 miliardi, ma qui si veleggia verso gli 8,6 miliardi di euro.

Qualche cosa sembra estranea ad una plausibile proporzione nel progetto nostrano!

Basta percorrere l’autostrada A4 per osservare la massa di traffico merci che su di essa fluisce su camion e notare che l’accessibilità e gli impianti delle stazioni (non il tracciato) dell’attuale linea ferroviaria appaiono estranee alla possibilità di intercettarne una porzione rilevante.

Esiste una soluzione ferroviaria capace di incidere su tali flussi attraendone in misura tale da soddisfare le logiche di una rigorosa analisi Costi/Benefici? Se una possibilità del genere esiste, dovrebbe portare con sé la riduzione, se non l’arresto, della necessità di adeguare con ennesime corsie o con complanari l’infrastruttura autostradale principale.

Una soluzione con nuovi impianti capaci di gestire l’accesso al treno di merci mobilitabili con gru in brevissimo tempo e con spesa contenuta: dovrebbe, in estrema sintesi, essere il vaso principale di un sistema che ne comprenda di minori connessi, capace di aver rapporto con terminali merci, stazioni o fermate passeggeri di minore gerarchia, oltre che con quelli di importanza maggiore, tutti collegati da servizi secondo opportunità affidabili cicliche e accessibili vantaggiosamente rispetto a quelle ora disponibili. E, insisto, anche per le merci. Un progetto senza questi ingredienti non potrebbe superare l’ACB.

È, dunque, ovvio che il prof. Ponti o quasi chiunque altro, seriamente, lo troverebbe “inutile”. Occorre un atteggiamento un poco più pragmatico per cercare, tra le alternative, almeno una configurazione promettente nel senso prima indicato.

Per stare on the safe side, si può esaminare soluzioni basate sulla base costituita dal tracciato esistente e dotate di un numero di binari che sia da proporzionare alle esigenze o alle attrattività dei servizi desiderabilmente da introdurre, in ragione della loro sostenibilità, secondo un processo graduale che tuttavia, può iniziare da subito, con trasformazioni di consistenza non faraonica. Si può proporre la traccia che potrebbe essere conferita ad una trasformazione del tracciato costituito dalla linea storica tra Brescia e Verona e Padova.

Se, infatti, i treni passeggeri e merci potessero ridurre il tempo della loro percorrenza e aumentare la loro massa, correndo su una linea simile a quella storica - resa più veloce “quanto basta” e dotata di stazioni e fermate a ciò adeguate, senza bisogno di capacità sovradimensionate o miscelazioni irresolubili di traffici a velocità differenti, su tracciati privi di risorse per ammetterle - si potrebbero affrontare tutte le sfide indicate, senza segregarne una buona parte, come il progetto attuale assume di fare, senza giungere alla soglia di convenienza, né a convincere rispetto ad alternative, del resto, mai seriamente cercate o esaminate.

Il “quanto basta” dipende dalla scelta dell’architettura dell’orario (del sistema, non solo della linea). L’architettura dell’orario dovrà essere chiaramente indicata tramite un criterio di composizione esplicito che ora è lasciato alla fantasia degli osservatori.

Del resto, sennò, quale significato attribuire al sempre invocato trasferimento di traffico dalla strada alla rotaia per non vedersi soffocare dall’invasione dei mezzi di trasporto individuali? A ben guardare, i sistemi su rotaia di alcuni Paesi civili giungono a tanto con scelte appropriate e, talvolta, invidiate. Non è rimasto proprio nessuno tra politici e amministratori o tra i tecnici cui interessi la spiegazione di ciò?

Erasmo Venosi e Alberto Baccega, ex Componenti Commissione MIT progetto Vr/Pd

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