Nel suo editoriale Marco Travaglio chiede al Movimento 5 Stelle di non ripetere gli errori fatti da Bersani nel 2013. Di Maio però va verso Salvini.
Marco Travaglio non ha mai fatto nulla per nascondere quale fosse, anche analizzando i sondaggi che circolavano prima del 4 marzo, la sua soluzione ideale per il prossimo governo del paese: Movimento 5 Stelle e Centrosinistra assieme, a patto però di un PD senza Matteo Renzi.
Ora che le urne si sono chiuse e gli italiani hanno fatto la loro scelta, il direttore de Il Fatto Quotidiano nel suo editoriale lancia una sorta di appello ai 5 Stelle, ma indirettamente anche ai dem, affinché non si ripetano a parti invertite gli errori del 2013.
Al momento però questa ipotesi sembrerebbe perdere sempre più quota, con Luigi Di Maio pronto ad avvicinarsi alla Lega di Matteo Salvini per realizzare quello che sarebbe governo comune di breve durata, giusto il tempo per cambiare la legge elettorale e sforbiciare qualche privilegio poi di nuovo tutti alle urne.
L’appello di Travaglio al Movimento 5 Stelle
Anche se al popolo pentastellato i giornalisti in generale non stanno molto simpatici, la figura di Marco Travaglio fa eccezione. Il direttore de Il Fatto Quotidiano è senza dubbio la penna più apprezzata dagli elettori del Movimento 5 Stelle.
Ecco perché le parole, sempre schiette e dirette come sua abitudine, indirizzate all’attuale classe dirigente dei grillini hanno una risonanza maggiore. Una sorta di monito questo che Luigi Di Maio di certo prenderà in considerazione visto il pulpito da cui proviene.
Nel suo consueto editoriale Travaglio ha un pò tirato le orecchie al capo politico dei 5 Stelle, ammonendolo di non ripetere a ruoli invertiti gli stessi errori commessi da Pier Luigi Bersani nel post voto delle elezioni del 2013.
Se Di Maio vuole i voti del Pd derenzizzato e di LeU, glieli chieda. Poi vada a parlare con Martina e Grasso su un’offerta chiara, realistica, generosa e rispettosa della democrazia parlamentare (che non si regge su maggioranze relative, ma assolute). Proprio quello che non fece il Pd nel 2013, quando pareggiò col M5S: si pappò le presidenze delle due Camere, designò Bersani come premier, stese un programma e una lista di ministri, poi pretese che i 5Stelle sostenessero al Senato il suo governo di minoranza. Risultato: il famoso e disastroso incontro in streaming.
La soluzione ideale per il direttore sarebbe un governo Di Maio, appoggiato dal Partito Democratico e da Liberi e Uguali, ma con la presenza di ministri tecnici espressione anche del Centrosinistra. Alla base poi ci dovrebbe essere un programma condiviso.
Nessuno regala voti a chi nemmeno si abbassa a chiederglieli. Se il Pd pretendesse poltrone, i 5Stelle farebbero bene a rifiutare. Ma se chiedesse alcuni punti programmatici condivisibili, perché no? La cosa sarebbe meno difficile se Di Maio aprisse la sua squadra di esterni ad altri indipendenti di centrosinistra, per un governo senza ministri parlamentari. E bilanciasse la sua premiership lasciando la presidenza di una Camera alla Lega. Dopodiché, è ovvio, è sul programma che dovrebbe garantire il cambiamento che gli elettori hanno appena chiesto. La palla tornerebbe al Pd, che dovrebbe scegliere: accettare una soluzione equilibrata o suicidarsi con nuove elezioni. Intendiamoci: il Pd sarebbe capace di optare per la seconda ipotesi. Ma almeno sarebbe chiaro di chi è la colpa.
Il Movimento 5 Stelle quindi secondo Marco Travaglio dovrebbe guardare, con convinzione però, più a sinistra (o quello che ne rimane) che a destra. Il sentore però è che nelle ultime ore Di Maio ormai abbia deciso di imboccare la strada che lo porta dritto verso Salvini.
Svolta a destra
La soluzione proposta da Travaglio potrebbe garantire un governo duraturo, anche se poi l’effettiva tenuta sarebbe tutta da dimostrare. Questa legislatura invece sembrerebbe essere destinata a essere molto breve, con le urne che si potrebbero aprire di nuovo già in autunno.
La pazza idea del Movimento 5 Stelle e della Lega è infatti quella di dare vita a un governo con una scadenza già programmata, dove forti dei numeri parlamentari i due partiti potrebbero da soli scrivere una nuova legge elettorale (con premio di maggioranza) per poi tornare a votare.
Nel mezzo però ci sarebbe spazio anche per realizzare pochi punti programmatici ma di grande impatto elettorale. In uno scenario del genere, alle prossime elezioni sarebbero poi i 5 Stelle e il carroccio a giocarsi la vittoria con il PD e Forza Italia relegati in una posizione più marginale.
In Germania la Grosse Koalition è nata, dopo una trattativa lunga sei mesi, sulla base di un programma di governo ben preciso figlio dell’accordo tra CDU e SPD. Una soluzione del genere è quella auspicata da Travaglio, con il Movimento e il Partito Democratico seduti attorno a un tavolo.
Roma però non è Berlino, con la voglia di ottenere una vittoria piena da parte dei giovani e rampanti Di Maio e Salvini che potrebbe spingere verso un governo lampo per poi tornare alle urne dopo aver modificato la legge elettorale.
Per una volta quindi le parole di Marco Travaglio sembrerebbero essere destinate a rimanere inascoltate alle orecchie di un Movimento 5 Stelle che, soprattutto dopo l’exploit del 4 marzo, parrebbe avere fretta di provare a raggiungere l’agognato 40%.
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