I tassi sui BOT trimestrali sono scesi sottozero, in linea con l’attuale scenario di financial repression. L’ultima volta accadde nel 2009 e anche allora l’inflazione era quasi a zero
Viene chiamata financial repression, ovvero il contesto economico-finanziario corrente che vede le banche centrali più importanti del mondo spingere i tassi di mercato su valori minimi in modo tale da alleggerire le pressioni sul debito pubblico dei paesi con maggiori problematiche sul fronte del rifinanziamento. Questo scenario ha coinvolto un po’ tutti i paesi sviluppati, in particolare Stati Uniti, Europa e Giappone. I tassi di interesse sono scesi ai minimi storici, schiacciandosi intorno allo zero in modo tale da non provocare tensioni sul debito sovrano dei paesi più indebitati.
Le grandi banche centrali, oltre a portare i tassi a zero, hanno anche iniettato migliaia di miliardi di dollari nel sistema, gonfiando oltremodo i prezzi degli asset finanziari. I bond, insieme alle azioni, sono stati gli strumenti più interessati da questo meccanismo espansivo degli istituti monetari, anche grazie alla perdurante fase di disinflazione in atto ormai da alcuni anni. Il risultato è stato quello di assistere a un costante ridimensionamento degli spread di mercato tra emittenti sicuri e meno affidabili. Il rendimento dei bond è così sceso su valori minimi, interessando titoli di stato, corporate bond e junk bond.
Già da tempo i tassi dei bond pubblici dei paesi più affidabili sono scesi su valori negativi, addirittura fino alle scadenze triennali (come per la Germania). Ora il paradosso dei tassi sottozero sta interessando anche i paesi con rating più basso e con maggiori probleatiche sul fronte economico. E così ache l’Italia entra nell’era dei tassi negativi. La prima scadenza ad esserne interessata è stata quella trimestrale. Infatti venerdì il rendimento dei BOT a tre mesi sul mercato secondario è sceso a -0,05%. Cosa vuol dire? In pratica gli investitori sono disposti a pagare per investire nei bond governativi italiani con scadenza trimestrale.
In Europa presentano tassi negativi sui bond pubblici con scadenza compresa tra 2 e 3 anni Germania, Francia, Austria, Danimarca, Olanda e Svizzera. Fuori dai confini europei c’è il Giappone a mostrare rendimenti negativi sui titoli di stato. In Italia il BOT a tre mesi ha un tasso sottozero, il BOT a sei mesi allo 0,22%, quelli a dodici mesi allo 0,38% (ma se la BCE lancerà il QE nel 2015, anche su queste scadenze i tassi potrebbero scendere sottozero). Sul finire del 2011, quando lo spread Btp-Bund si innalzò fino al record storico di 575 punti base (oggi è a 136), il rendimento dei BOT semestrali arrivò a superare il 6%! Sulle scadenze di lungo periodo, l’Italia mostra comunque tassi ai minimi storici. Il rendimento del BTP decennale è oggi all’1,96%. Investire oggi nei titoli di stato è dunque poco remunerativo per il piccolo risparmiatore.
Oltre a un tasso quasi nullo, bisogna aggiungere il costo delle commissioni bancarie per completare le transazioni e infine il carico fiscale. Nonostante l’aumento dell’aliquota su numerose forme di investimento dal 20% al 26%, le tasse da pagare su BTP, BOT & Co. sono rimaste ferme al 12,5%. Tuttavia ciò non basta per rendere attraenti questi strumenti agli occhi dei risparmiatori. Se proprio si vuole investire la liquidità in BOT o BTP conviene farlo in asta, ovvero sul mercato primario. Questo perché il Tesoro ha stabilito che non potranno essere venduti titoli di stato con tassi negativi. L’inconveniente è quello di non conoscere ex ante il rendimento finale del titolo.
Bisogna ricordare, però, che i tassi sui BOT trimestrali non sono scesi per la prima volta sottozero la scorsa settimana. Accadde già nel 2009, quando sul mercato secondario mostrarono un rendimento a -0,08%. Anche in quella fase di mercato, ancora convalescente per la disfatta dei mercati finanziari mondiali dopo il crack di Lehman Bothers e la crisi dei mutui subprime, il tasso di inflazione era molto basso (In Italia era sceso allo 0,2%, come oggi). L’inflazione è fondamentale per capire il rendimento reale del titolo. Un BTP a dieci anni che paga quasi il 2% è più conveniente rispetto a qualche anno fa: oggi il rendimento reale è intorno all’1,8%, mentre in passato quando pagava il 4,5% rendeva molto meno con un’inflazione al 3%.
© RIPRODUZIONE RISERVATA