A cosa servono davvero gli studi di settore? Uno studio della CGIA rivela la loro vera funzione in oltre 15 anni di operatività mentre tutte le promesse legate a questo strumento sono state disattese.
Gli studi di settore sono uno strumento introdotto dal fisco italiano alla fine degli anni ’90 con l’intento di semplificare il rapporto tra imprese contribuenti e fisco e con la prospettiva di avviare un percorso che avrebbe permesso nel tempo di abbassare la pressione fiscale sulle PMI italiane.
Secondo uno studio da poco pubblicato dalla CGIA di Mestre oltre il 75% dei 3,7 milioni di partite IVA italiane risultano congrue agli studi di settore e dovrebbero quindi potersi sentire al sicuro rispetto ad ulteriori azioni di accertamento. Invece, sottolinea la CGIA, nel 2014 (ultimo anno per cui sono disponibili i dati) sono stati 160.000 gli accertamenti in materia di Iva, Irap e imposte dirette che hanno interessato le imprese potenzialmente soggette agli studi di settore.
Per approfondire leggi: cosa sono gli studi di settore.
Le premesse (e promesse) relative agli studi di settore sono però state, come spesso capita in Italia, del tutto disattese come ricorda Paolo Zabeo, coordinatore dell’Ufficio
studi ella CGIA:
Questa attività accertativa deve terminare e bisogna limitare al massimo il numero di controversie con l’Amministrazione finanziaria per togliere quell’ansia da fisco che, purtroppo, continua a investire molti piccoli imprenditori.
E’ vero che dopo le sentenze della Cassazione del 2009 gli studi sono stati depotenziati per quanto concerne la valenza in ambito accertativo, ma ciò non basta. E’ necessario
introdurre anche questo regime premiale a beneficio di chi è in regola con le
richieste del fisco, così come era stato annunciato verso la seconda metà degli anni
’90 in sede di presentazione di questo strumento.
A cosa servono gli studi di settore?
In oltre 15 anni di operatività degli studi di settore gli unici effetti concreti che si sono ottenuti sono sostanzialmente due:
- Oberare imprese e consulenti con una dichiarazione aggiuntiva rispetto alla già ampia e complessa massa di dichiarazioni e adempimenti obbligatori per i contribuenti italiani.
- Raccogliere gettito aggiuntivo grazie ai contribuenti che, risultando non congrui, si adeguano allo studio versando maggiori tasse in relazione a un reddito non risultante nella dichiarazione presentata.
Rispetto a questo secondo punto di seguito una tabella che riporta anno per anno tutti i volumi di maggior gettito ottenuti dallo Stato grazie agli studi di settore:
Il paradosso dell’adeguamento allo studio di settore
Visti gli esiti poco incisivi in ambito di abbassamento della pressione fiscale generale e della semplificazione dei rapporti con il fisco sembra assurdo tenere in piedi uno strumento che ha come effetto quello di mettere nello stesso "calderone" (e imponendo un’integrazione di reddito alla dichiarazione presentata) sia gli evasori parziali che i contribuenti effettivamente in crisi.
Se i primi possono trovare nell’adeguamento una soluzione tutto sommato conveniente per diminuire il rischio di accertamenti e controlli riportando una parte dei redditi omessi in dichiarazione, per i contribuenti che non risultano congrui nonostante una dichiarazione fedele il gioco infernale è tra la scelta di una tassazione aggiuntiva e ingiustificata e quella di un’invito alla Agenzia delle Entrate a procedere a un accertamento, con tutto il carico di pathos che questa porta con sè dato che in un sistema complesso di norme e procedure come quello italiano persino il più puntuale dei contribuenti non può sentirsi al riparo da contestazioni di qualsiasi genere.
Eliminare gli studi di settore
In conclusione, se la richiesta della CGIA nel pubblicare lo studio è quella di mantenere gli studi di settore eliminando però gli accertamenti sulle aziende congrue, potrebbe avere maggior senso eliminare tout-court uno strumento così iniquo nel contesto di una vera semplificazione e razionalizzazione del fisco italiano, una macchina gigante e impazzita che troppo spesso si trova a colpire duramente per piccole trasgressioni mentre fiumi di denaro continuano a sfuggire alla giusta ed equa tassazione prevista per legge.
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