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di Glauco Maggi

Sondaggio su Biden, neo 79enne. Per il 48% «non è sano di mente»

Glauco Maggi

22 novembre 2021

Sondaggio su Biden, neo 79enne. Per il 48% «non è sano di mente»

Il Presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, ha compiuto 79anni ma il regalo dell’opinione pubblica non è poi così bello: il 48% dei cittadini nei sondaggi pensa che «non è sano di mente».

Di solito i compleanni sono date da festeggiare in allegria, e per il primo che ha compiuto da quando risiede alla Casa Bianca, sabato 20 novembre, Joe Biden sperava di sicuro in celebrazioni politicamente più allegre. Raggiungere 79 anni è un bel traguardo di per sé (l’aspettativa di vita negli USA è di 78 anni e 10 mesi), ma se sei un Presidente in carica da dieci mesi e pensi, anzi l’hai fatto sapere ufficialmente, di ricandidarti per il bis nel lontano novembre del 2024, il taglio della torta e gli happy birthday amplificano ovviamente il focus del pubblico sulla tua età. E fosse tutto lì.

In (maligna?) coincidenza con l’imminente brindisi, proprio nella settimana prima del genetliaco, Politico/ Morning Consult hanno diffuso i risultati di un sondaggio sulla percezione delle condizioni di salute di Biden. Il Paese è preoccupato, e diviso: il 48% non si fida delle sue condizioni mentali, contro il 46% che ritiene che il Presidente sia a posto con la testa (mentally fit). Biden, quanto al giudizio di sanità mentale assegnatogli dalla gente, ha perso dunque 7 punti percentuali rispetto al sondaggio di inizio maggio 2021 (quando era ok per il 53%) e dieci dall’ottobre 2020 (quando il 58% degli americani lo giudicava mentalmente a posto). Biden ha visto pure calare in sei mesi di oltre 10 punti la percentuale di votanti che dicono che “sa comunicare con chiarezza” (dal 53% al 37%), che è “compassionevole” (dal 61% al 47%), che è “capace di guidare il paese” (dal 55% al 41%) e che “si preoccupa di gente comune come me” (dal 53% al 39%).

Le funzioni cognitive calano naturalmente con l’età, ma lo stesso pubblico che gli dà due punti di differenza in negativo oggi (dal 48% al 46%), nell’ottobre del 2020 aveva fiducia nelle sue facoltà cerebrali con una differenza in positivo di ben 21 punti. Il 2% negativo è un dato medio tra tutti gli interpellati, e il fatto politicamente più grave per il presidente Democratico è che a produrlo hanno concorso soprattutto gli Indipendenti: tra costoro, la differenza tra chi pensa che “non sia mentalmente a posto” e chi lo giudica sano è di 23 punti percentuali.

Evidentemente, osservare il Presidente al lavoro dopo la sua elezione ha convinto una bella fetta di americani a cambiare giudizio. E la diffidenza sul suo stato personale si aggrava nelle risposte alla domanda generica sulle condizioni fisiche: solo il 40% ritiene che Biden “sia in buona salute”, mentre la metà esatta degli interpellati, il 50%, pensa l’opposto. Del resto, la gente ha visto semplicemente come Joe si comporta. Il Presidente non ha mai accettato di parlare con i media se non in incontri rigorosamente controllati dal suo staff, che gli fornisce l’elenco dei nomi dei giornalisti ammessi a fare le domande.

L’ America abituata a Trump, che si intratteneva per ore con la stampa in ogni occasione - dai meeting improvvisati alla Casa Bianca durante le visite di ospiti esteri alle salite e discese dall’elicottero e dall’aereo presidenziale per ogni viaggio domestico o internazionale - ha preso atto che il successore ha la bocca cucita, e parla solo quando può leggere discorsi preparati. È vero che nel 2020 l’elettorato ha fatto vincere Joe anche - meglio: soprattutto - perché era l’opposto di Donald, ma oggi scopre che cosa stia provocando nel Paese la “normalità” di Biden. E non gli piace, sta provando il rimorso del compratore.

Impossibile valutare quanto il merito delle decisioni politiche prese dall’amministrazione DEM pesi sul giudizio circa le condizioni fisiche del Presidente, ma una relazione, oggettiva e vistosa, è innegabile. La discesa nell’apprezzamento del lavoro di Biden, in tutti i campi d’attività, va in parallelo con il calo di fiducia nelle sue capacita’ fisiche e cerebrali.

Secondo la media di RealClearPolitics (RCP) dei recenti sondaggi nazionali, proprio nel giorno del suo compleanno Biden ha raggiunto l’indice di approvazione medio più basso per come fa il Presidente: il 41,3%. All’opposto la percentuale di chi lo boccia è del 53,4%, per un saldo negativo di 12,1 punti.

Il dettaglio dei voti popolari sui tre settori centrali dell’economia, della politica estera e dell’immigrazione illustra il suo fallimento. Sempre per la media dei sondaggi di RCP, il 38,7% approva Biden in economia, contro il 53,9% che lo boccia: il divario è di 15,2 punti. Sul voto in politica estera pesa ancora il fiasco dell’Afghanistan: assistere in TV alla parata dei talebani che, qualche giorno fa, hanno sfilato a Kabul sui carri blindati e sui camion con i razzi USA abbandonati dai marines, imbarazza e offende gli americani tutti. Anche quelli che erano favorevoli al ritorno dei soldati dalla guerra più lunga, ma che non sopportano l’umiliazione della fuga scomposta, e dei 13 militari USA uccisi, e la attribuiscono all’incompetenza del comandante in capo. Risultato: per la media RCP solo il 36,2% approva Biden nella gestione degli affari esteri, contro il 53,9% che lo boccia, per un distacco di 17,7 punti.

Ma è sull’immigrazione clandestina fuori controllo che il Presidente registra il fallimento più clamoroso della sua filosofia dei “confini aperti”, propugnata fin dal primo giorno con le misure assunte in dichiarata contrapposizione a quelle di Trump. Secondo la media RCP Biden è promosso dal 28,2%, contro il 59,4% che lo boccia, per un distacco clamoroso di 31,2 punti. Secondo il più recente sondaggio, quello di USAToday-Suffolk, la differenza è addirittura abissale: 49 punti tra il 67% che disapprova Biden e il 18% che lo promuove.

Non stupisce che il deputato Democratico Ryan Guillen, rappresentante del Distretto di Rio Grande nel parlamento dello stato del Texas, abbia deciso la settimana scorsa di cambiare partito e di passare al gruppo Repubblicano. Guillen ha spiegato così la sua conversione, in una dichiarazione alla Texas Tribune, rivolto ai propri elettori DEM: “Amici, qualcosa sta avvenendo nel Texas meridionale, e molti di noi stanno vedendo che i valori dei nostri a Washington, DC, non sono i nostri valori, non sono i valori della maggioranza dei texani. La ideologia di togliere fondi alla polizia, di distruggere l’industria del gas naturale e del petrolio, e il caos al nostro confine è disastrosa per chi come noi vive qui nel Sud del Texas”.

Il caso Guillen è la spia di un sommovimento politico profondo, a livello nazionale, che potrebbe ribaltare la maggioranza in Congresso alle elezioni di medio termine tra meno di un anno. Secondo il sondaggio della Università Quinnipiac tenuto tra l’11 e il 15 novembre, alla domanda “se le elezioni si tenessero oggi quale partito vorresti che avesse il controllo della Camera?”, il 46% ha risposto “il partito Repubblicano” e il 38% “il partito Democratico”. Idem per il Senato: il 46% voterebbe il GOP e il 40% i DEM.

Un anno è lungo da passare, e per raddrizzare le sorti del suo partito Biden dovrebbe dare ascolto al deputato texano Guillen. Avrà l’intelligenza di farlo?

Glauco Maggi

Giornalista dal 1978, vive a New York dal 2000 ed è l'occhio e la penna italiana in fatto di politica, finanza ed economia americana per varie testate nazionali

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