Smart working per il professionista senza vaccino: lo dicono i giudici

Luna Luciano

26/02/2022

26/02/2022 - 09:26

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Il professionista senza vaccino potrà lavorare in smart working. È questa la sentenza del Tar che autorizza ai no vax di continuare a esercitare. Ecco cosa ha stabilito la sentenza e perché.

Smart working per il professionista senza vaccino: lo dicono i giudici

Smart working per i lavoratori no vax. Giunge completamente inaspettata la conclusione della sentenza emessa dal Tar della Lombardia. Il provvedimento giurisdizionale ha infatti stabilito che i professionisti i quali non hanno ancora ricevuto alcuna dose del vaccino potranno continuare a esercitare la loro professione lavorando da casa.

Secondo i giudici del Tar non si potrebbe sospendere dall’ordine il lavoratore che non si è sottoposto alla vaccinazione. La decisione è stata presa dopo aver vagliato ed esaminato le leggi inerenti alla situazione covid e non solo. Da quanto è stato appreso dai giudici il congelamento della carriera avrebbe delle conseguenze troppo gravi perché possano coincidere con il divieto di svolgere prestazioni che favoriscano la diffusione del virus.

Questa decisione potrebbe mal conciliarsi con l’imposizione dell’obbligo vaccinale a tutti gli over50. I lavoratori che infatti non sono vaccinati e non presentano il green pass rafforzato sul luogo di lavoro rischiano una multa di 600- 1.500 euro. In realtà questa potrebbe essere secondo i giudici l’occasione per garantire che ogni professionista continui a lavorare. Ecco quindi cosa prevede la sentenza dei giudici e perché.

Smart working per no vax: cosa prevede la sentenza dei giudici

Non si potrà sospendere completamente il professionista no vax dal proprio ordine, anche nel caso in cui si tratti di un medico, quando questi potrebbe continuare a lavorare online o da remoto. Queste attività infatti consentono al lavoratore di non avere contatti interpersonali con i colleghi, clienti o pazienti.

È questo ciò che prevede la sentenza 109/22, pubblicata dalla prima sezione del Tar Lombardia. I giudici avrebbero infatti stabilito che le conseguenze del congelamento della carriera e della propria attività lavorativa avrebbero gravi conseguenze rispetto al divieto di esercitare una professione che possa implicare una maggiore diffusione del contagio del coronavirus.

Quindi il titolare di uno studio medico, se non immunizzato dovrà comunque
garantire una serie di attività rese possibili grazie dalla tecnologia, nonostante il vaccino sia requisito essenziale per le professioni sanitarie. Quei lavori che implicano un contatto con i fruitori potrebbero essere svolti a distanza in smart working, basti pensare al medico che consulta un referto, che effettua una prima diagnosi o all’avvocato che da remoto ha una videoconferenze con un suo cliente.

Smart Working per no vax: perché serviva questa sentenza?

Davanti a una sentenza che sembrerebbe andare nella direzione opposta rispetto ai diversi decreti sulle vaccinazioni e sul green pass, ci si domanda come e perché i giudici abbiano deciso di decretare lo smart working per i no vax e non la sospensione completa. Le ragioni sono varie, a partire dall’interpretazione di alcune leggi sulle misure anti-Covid, ma non solo. Il professionista potrà quindi continuare a lavorare da remoto. Il punto della questione sta nell’interpretazione della norma ex articolo 4, comma 6°, del decreto legge 44/2021, convertito dalla legge 76/2021, che recita:

L’azienda sanitaria locale competente accerta l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza. L’adozione dell’atto di accertamento da parte dell’azienda sanitaria locale determina la sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.

L’articolo quindi non prevede la sospensione tout court del lavoratore, ma la sospensione immediata dalle mansioni che prevedono un contatto interpersonale o altre prestazioni che potrebbero implicare una diffusione del contagio. Quindi il titolare di uno studio medico non può ricevere e visitare i pazienti in presenza, ma può leggere referti, segnare farmaci e medici o fare una prima diagnosi.

A questa ragione bisogna aggiungere che il divieto assoluto di esercizio della professione per il no vax risulta in contrasto con il diritto dell’Unione Europea. Infatti secondo l’UE le misure per perseguire l’interesse pubblico devono essere proporzionali e adeguate, quindi adottare l’opzione meno gravosa per l’interessato. La sospensione tout court inoltre discriminerebbe i lavori autonomi rispetto a quelli subordinati, i quali possono essere adibiti dal datore a mansioni che non implicano rischi di diffusione del contagio. Insomma c’è il rischio che alcuni professionisti non possano più lavorare, compromettendo l’interesse del professionista.

Questa sentenza effettivamente potrebbe fornire delle scorciatoie a tutti gli Over50 che fino a giugno hanno l’obbligo di vaccinazione e non solo. Dall’altra parte, andando incontro a un allentamento delle misure, questa sentenza potrebbe risultare più elastica per un passaggio da un lavoro con green pass obbligatorio a uno senza.

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