Il vertiginoso aumento del patrimonio del sistema bancario ombra rischia di creare pericolosi squilibri nel sistema finanziario globale quando i tassi inizieranno a salire
La politica monetaria ultra-espansiva della Federal Reserve non ha contribuito soltanto a risollevare l’economia statunitense, e di riflesso quella globale, ma anche i mercati finanziari. Wall Street è a livelli record, le borse europee (anche quelle periferiche) sono in forte progresso e imercati obbligazionari hanno raggiunto livelli sorprendenti grazie alla politica dei tassi a zero delle grandi banche centrali. Ma tra i beneficiari della politica della FED c’è anche il sistema bancario ombra (shadow banking), che dall’inizio della crisi ha aumentato il proprio patrimonio del 60%. Secondo l’autorevole Financial Times è stato proprio il poco trasparente e scarsamente regolamentato sistema bancario ombra a beneficiare maggiormente della montagna di liquidità riversata nel sistema finanziario dalla FED da fine 2008 ad oggi.
Secondo FT, il settore dei prestatori non bancari ha visto crescere il proprio patrimonio in modo esponenziale e il tutto senza l’assunzione di un’eccessiva dose di rischi, considerando la liquidità a buon mercato (grazie ai tassi vicini allo zero) e al ritiro dal settore dei prestiti con un rischio/rendimento molto più alto di molte banche caratterizzate da una maggiore regolamentazione e alle prese con problemi di aggiustamento del bilancio. Se si considerano i dati forniti da Sn Financial al quotidiano britannico, i grandi beneficiari della politica della FED degli ultimi cinque anni sono state in particolare le seguenti categorie: Reits (real estate investment trusts), fondi di investimento specializzati nel settore immobiliare, le Bdc (società americane specializzate nello sviluppo di nuovi business) e altre società finanziarie.
Nel 2008 il patrimonio di queste categorie di investitori appartenenti al settore bancario ombra ammontava a 779 miliardi di dollari, ma nel secondo trimestre dell’anno in corso il valore degli asset era balzato a 1.220 miliardi di dollari. Tra le attività che si sta cercando di monitorare con maggiore attenzione, allo scopo di evitare in futuro nuovi shock sui mercati finanziari come avvenne nel 2008, ci sono proprio quelle dei Reits, che prendono liquidità in prestito sui mercati a breve termine per effettuare investimenti in asset a lungo termine (come sui bond ipotecari) beneficiando di un regime fiscale agevolato. La FED di New York sta già cercando di capire quale sia l’esposizione delle banche su questi strumenti, ma la tracciabilità è spesso difficoltosa.
Il timore dei policy makers è che un aumento futuro dei tassi di mercato possa spingere questi investitori a liquidare velocemente le attività in portafoglio, creando grossi problemi ai bilanci delle banche e di conseguenza gravi shock al sistema finanziario globale. Tra l’altro con i tassi ai minimi storici, c’è la consapevolezza che prima o poi avverrà l’inversione della curva dei tassi stessi, senza contare che la FED è comunque pronta a chiudere gradualmente i rubinetti della liquidità (si pensa a partire dal primo trimestre del 2014). Si teme, quindi, un nuovo shock come nel 2008, quando i mutui subprime e altri derivati “tossici” collassarono a seguito del rapido aumento dei tassi dopo un lungo periodo di tassi eccezionalmente bassi a seguito delle politiche monetarie ultra-espansive di Alan Greenspan.
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