Sbloccati i licenziamenti: chi rischia di perdere il posto di lavoro

Luna Luciano

1 Novembre 2021 - 16:49

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Termina il blocco ai licenziamenti anche per il settore terziario. Scade così la misura emergenziale, gli imprenditori possono esonerare i propri dipendenti. Ecco quali sono i settori interessati.

Sbloccati i licenziamenti: chi rischia di perdere il posto di lavoro

Dal 1° novembre via ai licenziamenti anche per il settore terziario. È terminata così la misura emergenziale, in vigore da febbraio 2020, che aveva imposto il blocco dei licenziamenti, per attutire le ripercussioni sociali, dopo lo scoppio della pandemia. Il blocco impediva le procedure di mobilità e la possibilità che il datore potesse recidere il contratto singolo, per giustificato motivo. Il provvedimento “anti-licenziamenti” era già scaduto il 30 giugno per i 4 milioni di lavoratori assunti a tempo indeterminato nell’edilizia e nel manifatturiero. Stando però all’osservatorio Banca d’Italia-Ministero del Lavoro il numero di cessazioni è rimasto moderato.

Sblocco dei licenziamenti: quali sono i settori coinvolti?

Sbloccati i licenziamenti anche per il terziario e non solo. Con questa termina definitivamente la misura emergenziale, l’ultimo muro che ha cercato di attutire l’impatto sociale del Covid. Se il 30 giugno il blocco è scaduto per il settore della metalmeccanica e dell’edilizia adesso sono molteplici i settori coinvolti, tra cui altri tre settori dell’industria. Da oggi, 1° novembre, i lavoratori che rischiano di perdere il posto sono quelli appartenenti ai seguenti ambiti:

  • settore terziario;
  • piccole imprese;
  • artigianato;
  • industria tessile;
  • abbigliamento;
  • pelletteria.

La decisione d’interrompere il blocco dei licenziamenti, lasciando libera scelta al datore di lavoro se recedere il contratto o meno, è stata accompagnata da altri provvedimenti previsti dal Decreto legge Fiscale.

Sblocco dei licenziamenti: prorogata la cassa Covid

Prorogata la cassa integrazione Covid. È questa la novità che accompagna la fine del blocco dei licenziamenti stabilita dal Decreto Fiscale. Fino al 31 dicembre i datori di lavoro potranno utilizzare la cassa Covid senza contributi addizionali.

  • Le piccole imprese del terziario, del commercio, artigiani, giornalisti potranno usare la Cassa Covid al massimo per 13 settimane, a condizione però che abbiano esaurito le 28 settimane della precedente proroga.
  • Le industrie del settore tessile, abbigliamento, pelletteria potranno impiegare la cassa Covid al massimo per 9 settimane, a condizione però che abbiano esaurito le 17 settimane della proroga precedente .

Quindi la cassa integrazione Covid costituisce di fatto un blocco dei licenziamenti. Infatti i datori di lavoro che scelgono di impiegarla non possono licenziare i propri dipendenti, a meno che non si siano raggiunti degli accordi collettivi con i sindacati.

Sblocco dei licenziamenti: la risposta dei Sindacati

I sindacati però non sono d’accordo con la norma. Infatti criticano il Decreto Fiscale che ha legato il divieto di licenziamento alla scelta dell’utilizzo della cassa Covid. La migliore soluzione, secondo loro, sarebbe quella di ripristinare il blocco generalizzato, fino a quando non sarà un’opportuna riforma degli ammortizzatori sociali all’interno della Legge di Bilancio.

Qual è stato l’impatto dello sblocco dei licenziamenti?

Sono molti i lavoratori preoccupati dello sblocco dei licenziamenti. Per tale motivo può essere d’aiuto consultare l’impatto che lo sblocco ha avuto negli altri settori. Secondo l’osservatorio Banca d’Italia – Ministero del Lavoro, nei due settori interessati (edilizia e industria) il numero di licenziamenti è stato modesto. Si parla comunque di 10mila licenziamenti a luglio, cifre simili ai livelli medi del 2019. Ad agosto, grazie alla “ripresa ciclica dell’economia” i licenziamenti sono stati “estremamente contenuti”, merito anche di un avviso sottoscritto dai sindacati, Confindustria, Alleanza delle Cooperative e Confapi, avvenuto sotto la regia e moderazione del Premier Draghi e del ministro del Lavoro Orlando. L’avviso appunto raccomandava l’utilizzo di ammortizzatori sociali, piuttosto che optare per l’interruzione dei rapporti lavorativi tra datore e dipendente.

In tutto questo però chi ne paga le spese, come al solito, sono i giovani e le donne, le categorie più fragili del mondo del lavoro, che hanno quasi sempre contratti a scadenza. Infatti se il blocco ha protetto i lavoratori a tempo indeterminato, così non è stato per i lavoratori a tempo determinato, o con contratti di collaborazione. Entrambi non rinnovati al termine.

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