“Sanzioni alla Russia deboli, dubito sulla loro efficacia”. Intervista a Marco Carnelos

Alessandro Cipolla

25/02/2022

25/02/2022 - 12:30

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Intervista all’ex ambasciatore italiano in Iraq Marco Carnelos sulla guerra in Ucraina: “Putin le sanzioni occidentali le ha già messe in conto, dal 2014 ha tarato l’economia russa su un profilo sempre più autarchico, dispone di circa 500 miliardi di dollari di riserve ed ha il bilancio dello Stato in attivo”.

“Sanzioni alla Russia deboli, dubito sulla loro efficacia”. Intervista a Marco Carnelos

L’Occidente risponde con le sanzioni alle bombe sganciate dalla Russia sull’Ucraina, con le truppe di Mosca che a breve potrebbero issare la propria bandiera sul palazzo del Governo in una Kiev ormai sotto assedio da ore.

Con la Nato che a breve si riunirà per decidere su come rispondere a questa guerra scatenata dalla Russia, nella giornata di ieri l’Unione europea e gli Stati Uniti hanno annunciato sanzioni “durissime” nei confronti di Mosca.

In questo scenario, Money.it ha voluto fare il punto della situazione insieme a Marco Carnelos, ex ambasciatore in Iraq e prima inviato speciale del governo italiano per il processo di pace in Medio Oriente e la crisi in Siria.

Russia tra guerra e sanzioni: intervista all’ex ambasciatore Carnelos

La Russia ha attaccato l’Ucraina e l’Occidente ha risposto annunciando delle dure sanzioni: si tratta dell’unica mossa che in questo momento sarebbe possibile?

Sì le sanzioni sono l’unica mossa possibile da parte dell’Occidente. Il Presidente Biden ha infatti ripetutamente dichiarato da settimane che gli Usa non invieranno truppe per aiutare l’Ucraina, tantomeno lo faranno i membri europei della Nato. Quanto alle sanzioni, personalmente non mi sembrano così dure; l’Occidente non può permettersele, pena un’ulteriore catastrofe economica ed una crisi energetica in un momento congiunturale ancora difficilissimo con i prezzi degli idrocarburi alle stelle (gas+35% alla Borsa di Amsterdam e petrolio sopra i 100$ al barile) e tensioni inflazionistiche, già presenti dall’anno scorso, e del tutto inedite negli ultimi 30 anni. Stiamo ancora tentando di uscire dalla pandemia e si presenta ora una nuova potenziale “tempesta perfetta”.

Le sanzioni decise da Stati Uniti e Unione europea potrebbero essere efficaci?

Me lo auguro ma nutro seri dubbi sulla loro efficacia. Putin le sanzioni occidentali le ha già messe in conto, dal 2014 ha tarato l’economia russa su un profilo sempre più autarchico, dispone di circa 500 miliardi di dollari di riserve ed ha il bilancio dello Stato in attivo. Ho la sensazione che la Russia – anche con l’aiuto che la Cina già manifesta di essere pronta a concedere – possa resistere alle sanzioni molto più di quanto gli occidentali potrebbero resistere agli effetti avversi sulle loro economie determinati dalle loro stesse sanzioni alla Russia. Non è un caso che, finora, l’esclusione della Russia dal circuito finanziario Swift non sia stata varata e che tale misura stia determinando un serio confronto tra i partners Ue; né Biden, se non sbaglio, ha evocato tale misura nei suoi interventi.

Quali potrebbero essere le conseguenze economiche per l’Italia?

Pessime. La nostra dipendenza energetica dalla Russia è nota e non è affatto sostituibile nel breve-medio termine; le tensioni inflazionistiche e l’incertezza di fondo determinata dalle tensioni sui mercati generate dal conflitto e da possibili escalation potrebbero compromettere il rilancio dell’economia per non parlare del nostro export, e non solo quello verso la Russia.

Washington ha sottolineato di aver avvertito da tempo dei rischi di una invasione: l’Europa è stata miope a riguardo oppure non sembravano esserci i segnali di un attacco imminente?

Vi erano i segnali evidenti che la Russia stava preparando qualcosa, ma non se ne intravedeva l’effettiva portata, anche perché questa la conosceva soltanto Vladimir Putin. Semmai la miopia è stata quella di non capire – o non voler capire – quanto irritata e determinata fosse la Russia questa volta nel voler far valere una sua “linea rossa” - giusta o sbagliata che sia - in materia di sicurezza. L’azione russa è totalmente esecrabile e da condannare senza riserve, ma nessuno è innocente in questo drammatico epilogo che poteva essere evitato se nel corso degli ultimi 30 anni avesse prevalso un minimo di buon senso.

C’è il rischio di un intervento militare della Nato che potrebbe generare una guerra di ben altre proporzioni?

Non credo che vi sia questo pericolo. Nessuno nella Nato è disposto a morire per Kiev e questo lo sanno anche gli ucraini oltre che i russi. Certo se l’operazione di Mosca iniziasse a coinvolgere i paesi Nato che confinano con l’Ucraina sarebbe un altro discorso.

Arrivati a questo punto, qual è secondo lei l’obiettivo di Vladimir Putin?

Putin non ha più alcun interesse a mantenere un rapporto di dialogo con l’Occidente nelle sue diverse articolazioni, dal suo punto di vista ha gettato la spugna. Il problema Russia-Ucraina esiste da 25 anni, da quando nel 1997 fu annunciato il primo allargamento ad Est della Nato. Putin ha rinnovato solennemente il suo monito dieci anni dopo, alla Conferenza per la Sicurezza di Monaco ed il risultato è stato – sempre dal suo punto di vista – i fatti di Maidan del 2014. In quell’occasione si è ripreso la Crimea. Dopodiché ha effettuato – sempre dal suo punto di vista – un ultimo tentativo diplomatico con le due proposte di Trattati presentati a Usa e Nato nel dicembre scorso per delineare una nuova architettura di sicurezza in Europa. Le risposte che ha ricevuto non devono essergli piaciute ed ora si sta riprendendo l’Ucraina, non sappiamo ancora se tutta intera o una parte. Temo che l’ordine internazionale, finora a guida americana, si stia avviando verso una biforcazione epocale, Usa da una parte e Cina e Russia unite dall’altra intente a consolidare una grande area geopolitica e geoeconomica Euroasiatica, facilitata anche dal disimpegno USA dall’Asia Centrale (Afghanistan) e, apparentemente, anche dal Medio Oriente. La vera posta in gioco di questo Grande Gioco globale sarà l’Europa che si ritrova debole, incerta e in mezzo al guado, nonostante i numerosi proclami di unità e solidarietà atlantica e comunitaria che stanno fioccando in queste ore. I problemi e i dilemmi che il Vecchio Continente si trova a dover confrontare sono molto più profondi e complessi di quanto si possa intravedere nell’attuale narrativa mediatica.

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