Reddito di cittadinanza: così sono stati rubati 20 milioni di euro

Andrea Pastore

12/11/2021

25/10/2022 - 12:09

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9.000 persone denunciate per una truffa inerente al reddito di cittadinanza: 16 le custodie cautelari, 20 milioni andati persi (forse per sempre). Come è potuto succedere?

Reddito di cittadinanza: così sono stati rubati 20 milioni di euro

Si moltiplicano le truffe sul reddito di cittadinanza: questa volta a essere stati rubati sono 20 milioni di euro, con un sistema - che vi spiegheremo di seguito - alquanto elementare.

Oltre 9.000 persone sono state denunciate dai Finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Cremona e Novara su disposizione della Procura della Repubblica di Milano. Sono 16 le ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti dei membri di una presunta associazione a delinquere coinvolta in estorsioni e mirata a conseguire erogazioni illecite di soldi pubblici, nello specifico, del reddito di cittadinanza.

I promotori della truffa sono tutti di origine romena, solo uno di loro - il titolare del CAF - risulta essere italiano. Vediamo nel dettaglio come è potuto succedere che oltre 20 milioni di euro, con il rischio che la truffa potesse arrivare anche a 60 milioni, siano stati rubati allo Stato italiano raggirando le regole - e sfruttando alcune lacune del sistema - in vigore per il reddito di cittadinanza.

Reddito di cittadinanza: la truffa spiegata passo per passo

Gli autori della truffa avevano il compito di reperire nominativi e i documenti di propri connazionali rumeni (e ancora residenti in Romania), grazie all’aiuto di complici che operavano all’estero. Documenti di persone che poi avrebbero fatto richiesta del reddito di cittadinanza in Italia.

I documenti in questione venivano poi consegnati ai CAF complici della truffa, i quali compilavano la documentazione di supporto alla domanda del Reddito di Cittadinanza (DSU e Codice Fiscale, generalmente ricevuto solamente pochi giorni prima) e inviavano tutto all’INPS sperando nell’accettazione della domanda.

E nonostante alcune gravi anomalie, accertabili con un semplice incrocio con le banche dati del Comune, nella maggior parte dei casi la richiesta del sostegno è stata accolta.

Successivamente altri membri erano incaricati di ritirare le card del reddito presso gli uffici postali, per poi spendere quanto erogato mensilmente e prelevare quanto possibile.

La truffa aveva un valore potenziale di 60 milioni di euro, la GdF è riuscita a intervenire quando i malfattori avevano riscosso indebitamente 20 milioni di euro. Fortunatamente, tramite il lavoro sinergico svolto dall’INPS e dalla Guardia di Finanza, la banda criminale è stata sgominata appena in tempo (ma comunque troppo tardi visto che sarà comunque difficile recuperare quanto già erogato).

La Nova Servizi

Dalla ricostruzione del Gip milanese, la truffa ruota intorno alla Nova Servizi Srl, società con sede legale a Milano che opera in maniera convenzionata con due patronati: sia con il Sias che con il Caf Mcl (Movimento Cristiano Lavoratori), i cui soci e promotori della maxitruffa ai danni dell’INPS, Oscar Nicoli e Njazi Toshkesi, sono tra coloro finiti in cella da stamattina.

Le domande, come anticipato, coinvolgono cittadini di origine rumena che non risiedevano a Milano, alcuni neanche mai stati in Italia. La truffa è stata possibile grazie al fatto che la gran parte dei malfattori ha ricevuto un codice fiscale pochi giorni di prima di fare domanda per il reddito di cittadinanza.

La questione del codice fiscale

Ma come facevano questi cittadini a ottenere i codici fiscali per poter far compilare la documentazione idonea alla richiesta di percezione del Reddito di Cittadinanza?

La risposta sta nel fatto che l’Agenzia delle Entrate garantisce l’attribuzione del codice fiscale ai cittadini stranieri che presentano domanda d’ingresso nel territorio agli sportelli unici per l’immigrazione, per lavoro subordinato e ricongiungimento familiare. Al momento della convocazione allo sportello il cittadino riceve anche il certificato di attribuzione del codice fiscale.

Tramite lo status di stranieri, quindi, sono riusciti a ottenere i codici fiscali necessari per attuare la truffa, anche se comunque restano diversi punti oscuri a riguardo.

Le parole del Gip

Teresa Pascale, Gip milanese, scrive nell’ordinanza che i membri della banda hanno adottato una “procedura parallela”, caratterizzata dalla completa elusione delle più basilari disposizioni, legalmente sancite, in merito al reddito di cittadinanza.

Inoltre, il business è stato compiuto grazie alla conoscenza dei cavilli burocratici insiti nel sistema: per questo motivo le persone indagate sono anche tra il personale di CAF e patronati, i quali accettavano di essere parte della truffa tramite il riconoscimento di 10,00€ per pratica.

Reddito di cittadinanza: come è potuto succedere?

Un sistema elementare, con l’INPS che tuttavia non è riuscita a fermare in tempo l’operazione. Eppure i segnali erano diversi: dai codici fiscali rilasciati qualche giorno prima, appunto, alla mancanza del requisito della residenza in Italia per almeno 10 anni.

Ma quello che è ancora più assurdo è che per le domande venivano utilizzati gli stessi indirizzi di residenza. Nel dettaglio, in 518 hanno dichiarato di vivere tutti nello stesso palazzo di Piazza Selinunte, in 287 in via degli Apuli in un unico condominio e 212 in viale Aretusa, allo stesso indirizzo. Tutti a Milano.

Una situazione che ha fatto rizzare le antenne alla Guardia di Finanza, ma solo quando ormai 20 milioni di euro ne erano stati erogati.

Il problema sta tutto nella pochezza dei controlli preliminari, con l’INPS che in questi mesi ha avuto difficoltà a comunicare con i Comuni. Sarebbe bastato, infatti, un incrocio dei dati con l’anagrafe cittadina per rendersi conto che c’era qualcosa che non andava. Anche la questione dell’attribuzione del codice fiscale lascia un’ombra sulla questione; ombra che dovrà essere chiarita dall’Agenzia delle Entrate.

Possiamo affermare che le truffe sul reddito di cittadinanza, specie negli ultimi tempi, sembrano essere all’ordine del giorno: bisogna lavorare su un sistema di controllo preventivo se non si vuole arrivare alla cura dei mali. A tal proposito, la Legge di Bilancio 2022 prevede proprio più controlli prima dell’erogazione della misura, con un maggiore intervento dei Comuni nella fase preliminare.

Basterà per evitare che situazioni come questa si ripetano?

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