Evidenziamo i rischi reali che potrebbero presto portarci all’interno di una nuova recessione economica, più vicina di quanto si possa credere.
Una recessione economica è spesso preceduta da un calo generalizzato dei rendimenti e dei profitti dell’area interessata. E, a quel punto, può scaturire un coinvolgimento di tutte le altre aree economiche mondiali, se l’area interessata sono gli Stati Uniti.
La domanda che si stanno ponendo molti investitori in questo periodo è se l’attuale calo dei rendimenti USA vada inteso come la premessa di una contrazione dell’economia mondiale oppure no.
L’opinione generale, a questo riguardo, è quella sostenuta dalla Federal Reserve, la quale afferma che il rallentamento nella crescita che si sta avendo è temporaneo e non siamo destinati a tornare in un periodo di recessione.
La capacità di prevedere con ragionevole anticipo una recessione, tuttavia, non è mai stata una capacità della quale gli economisti possono vantarsi, nonostante il “senno del poi” di molti, che ha spesso portato ad evidenziare (con ritardo) fattori che fossero esplicativi del crollo, ormai avvenuto.
I problemi legati alla stagionalità e alle numerose stime degli indicatori economici sono fattori che ritardano il riconoscimento di una recessione finanziaria, la quale viene acclarata solo quando si è già nel mezzo.
Cercando quindi di analizzare la situazione attuale, nel tentativo di avere un quadro che sia il più chiaro possibile, vediamo quali fattori possono, ad oggi, costituire motivo di preoccupazione nell’ottica di una possibile recessione.
Recessione finanziaria: calo dei rendimenti come premessa
I mercati americani hanno visto l’indice S&P 500 salire del 13% dallo scorso febbraio, nonostante le stime sulla crescita dei rendimenti siano state pesantemente riviste al ribasso.
Secondo FactSet, multinazionale specializzata nei dati finanziari e nell’analisi degli investimenti, i rendimenti per azione sono previsti mediamente in calo del 9%, il ché registrerebbe il terzo calo consecutivo rispetto alle stime di crescita.
La giustificazione dietro questa incoerenza di mercato è da individuare su una scommessa, fatta da parte degli investitori, di vedere una significativa ripresa dei rendimenti durante la seconda metà di quest’anno.
Albert Edwards, analista di rilievo di Société Générale, è da tempo indissolubile sostenitore di una recessione ormai imminente, come riscontrabile dalle sue parole risalenti al marzo 2015, che vedevano nel calo dei profitti le avvisaglie di un periodo nero per l’economia mondiale.
“Lo studio che ho effettuato mi ha portato alla conclusione che al rapido crollo dei rendimenti spesso segue una recessione dell’economia globale, guidata da un periodo di volatilità degli investimenti.”
Per quanto Edwards si sia costruito nel tempo una fama di “pessimista” dei mercati, non è il solo a vederla in questo modo.
Recessione finanziaria: altri motivi per crederci
Il capo delle strategie di mercato di ConvergEx, Nicholas Colas, sembra sostenere le ipotesi dell’analista di Société Générale.
In una nota agli investitori ha infatti comunicato che “il resto del 2016, con ogni probabilità, premierà la flessibilità mentale”.
Seppure l’opinione generale non vede l’inizio di una possibile recessione nel 2016, le parole offerte da Colas sono chiare e offrono una visione alternativa preoccupante:
“Il PIL americano sta rallentando la crescita e il primo trimestre di quest’anno potrebbe vederlo in calo. I tassi di interesse rimangono bassi, con i buoni del Tesoro decennali all’1,7%, a causa dello stato dell’economia mondiale e in particolare di quella cinese. Infine, la Federal Reserve potrebbe guardare a solo un aumento dei tassi di interesse nel 2016, praticamente un lancio di una moneta con la scritta “recessione” su una delle due facce.”
Colas rimane tuttavia aperto a possibili cambi di opinione, nel caso in cui i fatti si dimostreranno opposti a quelli prospettati finora.
Nelle prossime settimane sarà il turno delle società americane, quando con le trimestrali cominceranno a chiarire le prospettive di crescita che stanno vivendo loro e di riflesso l’economia americana.
Tutto il resto del mondo, come sempre, attende alla porta.
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