Secondo un recente rapporto della Commissione Europea, con riforme strutturali nei campi dell’istruzione, dell’innovazione e della tassazione sul lavoro l’Italia tornerebbe a crescere con risultati straordinari nell’arco di quale generazione.
Tre economisti della direzione generale per gli affari Economici e Finanziari della Commissione Europea hanno pubblicato di recente un rapporto (Italy’s productivity challenge, Dino Pinelli, István P. Székely, Janos Varga) che mette a nudo quelle che sono le sfide alla produttività e alla competitività italiana.
Secondo la simulazione dei ricercatori, se la nostra penisola riuscisse a portare avanti una serie di riforme strutturali in 3 settori chiave, la nostra economia riuscirebbe a crescere di 23,8 punti percentuali in 50 anni, un paio di generazioni. Si tratterebbe dunque di un risultato di lungo periodo, ottenibile con riforme che vanno ad incidere a livello profondo sulla nostra economia, frutto di una politica lungimirante.
Ma quali sono questi tre settori cruciali? Istruzione, innovazione e detassazione del lavoro.
Per quanto riguarda l’istruzione, l’Italia, all’interno dell’UE, è il paese con il numero minore di laureati e la percentuale maggiore di popolazione con solo un’educazione di base, con un gap, rispetto agli altri paesi dell’Unione, che cresce nel tempo. Tutto questo si traduce in uno scarso capitale umano e un basso ritorno economico dell’istruzione. Riguardo il business environment, gli economisti riscontrano che il costo per aprire un’attività imprenditoriale è più elevato quasi di ogni altro paese dell’OCSE e che l’Italia è estremamente arretrata nel settore della ricerca e dello sviluppo, con un gap che anche in questo caso si allarga nel tempo. Basti pensare che nel 2013 veniva speso dal mondo imprenditoriale in questo ambito meno della metà della media OCSE, e che il nostro paese continua ad essere specializzato in settori a bassa o media intensità tecnologica. Infine, emerge che l’Italia presenta una tra le tassazioni più alte sul lavoro, mentre accade il contrario per la pressione fiscale sui consumi.
In conclusione, emerge dalla ricerca che quelle che sono le debolezze strutturali della nostra penisola, che frenano la crescita e la produttività, negli ultimi 15 anni sono gradualmente peggiorate rispetto sia ai paesi dell’Eurozona che a quelli dell’OCSE. Nonostante alcune riforme siano già state avviate, è evidente che per tornare a crescere l’Italia ha bisogno di cambiamenti ancora più incisivi, che magari non daranno immediatamente i frutti sperati, ma che nel lungo periodo varranno decisamente lo sforzo.
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