Prezzo del petrolio in frenata: il motivo è l’Arabia Saudita

Violetta Silvestri

2 Giugno 2022 - 08:37

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Petrolio ancora protagonista: prezzi in deciso calo, dopo che è trapelata la novità sull’Arabia Saudita, pronta a produrre più greggio per sopperire al petrolio russo bloccato dalle sanzioni.

Prezzo del petrolio in frenata: il motivo è l’Arabia Saudita

I prezzi del petrolio affondando, in seguito a un rapporto secondo cui l’Arabia Saudita è pronta ad aumentare l’erogazione di greggio se la produzione russa dovesse diminuire in modo significativo a causa delle sanzioni dell’Unione Europea.

A testimonianza di quanto le vicende della guerra stiano condizionando il mercato energetico globale, la notizia pubblicata dal Financial Times offre nuove spinte - stavolta al ribasso - alle quotazioni del greggio, che oscillano ormai da mesi.

Alle ore 8.13, i future sul Brent scambiano a 114,28 con un calo dell’1,72% e i contratti WTI valgono 113,05, in frenata dell’1,94%.

L’Arabia Saudita produrrà più petrolio? Prezzi in calo

In attesa dell’esito del vertice Opec+, il mercato del petrolio è già scosso.

Secondo un rapporto visionato dal Financial Times, infatti, l’Arabia Saudita ha indicato agli alleati occidentali di essere pronta ad aumentare l’offerta di petrolio. Un cambio di passo che sarebbe proprio il segnale di quanto le sanzioni e la guerra in Ucraina stiano rivoluzionando il settore energetico e i rapporti di potere in esso.

Il regno ha finora resistito alle richieste della Casa Bianca di accelerare gli aumenti della produzione nonostante i prezzi del petrolio siano scambiati vicino a $120 al barile, il livello più alto in un decennio.

L’Arabia Saudita ritiene di dover mantenere intatta la capacità produttiva di riserva. Tuttavia, i timori di una vera e propria carenza di forniture sono aumentati dopo che l’Ue ha lanciato un altro round di sanzioni contro Mosca, incluso il divieto di importare carichi marittimi di petrolio russo nel blocco.

L’Unione ha anche concordato con il Regno Unito il divieto di assicurazione delle navi che trasportano petrolio russo entro la fine dell’anno, una mossa che secondo gli analisti potrebbe ridurre gravemente la capacità di Mosca di reindirizzare il greggio verso altre regioni.

Finora, la linea dell’OPEC è stata ferma, seguendo proprio la determinazione dei sauditi, a mantenere la produzione ai livelli stabiliti poiché non si riteneva il mercato in carenza.

Le cose, però, potrebbero cambiare. La ripresa economica globale dal Covid-19, inclusa la riapertura delle principali città cinesi, aumenta la domanda, mentre è cresciuta la probabilità che la produzione petrolifera russa diminuisca sostanzialmente.

Per questo, in un rinnovato quadro di squilibrio tra domanda e offerta, si è parlato di un aumento immediato di greggio dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti, che potrebbe essere annunciato alla riunione dell’OPEC+ del 2 giugno, anche se nulla è stato finalizzato, ha riferito il FT.

Gli incrementi di produzione previsti per settembre potrebbero essere anticipati a luglio e agosto. Il Wall Street Journal ha anche riferito questa settimana che alcuni membri dell’OPEC stavano discutendo di esentare la Russia dall’accordo sulla produzione di petrolio.

Inoltre, è probabile che il presidente Joe Biden visiterà l’Arabia Saudita alla fine di questo mese come parte di un viaggio internazionale che includerà riunioni della Nato e del Gruppo dei Sette. I due Paesi, che avevano visto raffreddare le relazioni proprio per la crisi energetica, potrebbero ritrovare un equilibrio di intesa.

Intanto, il prezzo del petrolio è in calo e il mercato energetico sempre più intrappolato nelle ripercussioni della guerra.

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