Ecco come la Popolare di Vincenza fuorviava i controlli ispettivi di Banca d’Italia e Consob. Il procuratore di Vicenza ascoltato dalla commissione d’inchiesta sul sistema bancario.
Una gestione in mano a poche persone, le quali avrebbero non solo ingannato i risparmiatori ma anche fuorviato i controlli di Banca d’Italia e Consob.
Ribadisce l’ipotesi accusatoria, il procuratore di Vicenza, Antonino Cappelleri, titolare dell’inchiesta sulla Banca Popolare di Vicenza che ieri è stato ascoltato dalla commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario.
Parole dure, quelle del magistrato, fondate sugli elementi raccolti dalla Procura, che hanno portato il 3 ottobre scorso a chiedere il rinvio a giudizio dell’ex presidente dell’istituto bancario, Gianni Zonin, di altri sei ex dirigenti, oltre che della stessa banca.
I reati contestati agli indagati sono ostacolo all’attività di vigilanza, aggiotaggio e falso in prospetto.
Il giorno prima era toccato al procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone, riferire a Palazzo San Macuto invece su Veneto Banca. Le due venete sono finite ora sotto l’ombrello di Banca Intesa Sanpaolo.
Il patrimonio sopravvalutato per ingannare i risparmiatori
Nel corso della sua audizione davanti alla commissione parlamentare, Cappelleri ricostruisce quanto avvenuto, in particolare, nel periodo 2012-2014. Secondo il magistrato, la gestione della Banca Popolare di Vicenza era effettivamente in capo a pochi soggetti e
“non veniva consapevolmente condivisa dall’intero CdA o dall’intero consiglio sindacale”.
Tra gli aspetti più gravi dell’intera vicenda, il tentativo di eludere i controlli degli ispettori inviati da Banca d’Italia e Consob ai quali
“In vari momenti e con vari espedienti gli organi bancari, hanno nascosto e non esposto una serie di operazioni”.
Tra le attività che i vertici dell’istituto bancario hanno occultato durante le visite ispettive, anche quella relativa alla rivalutazione delle quote del patrimonio, che per il procuratore di Vicenza appare “ingiustificata”.
Tali operazioni – sopravvalutare il patrimonio - avevano il solo scopo d’indurre i risparmiatori all’acquisto. Da qui l’ipotesi di reato di aggiotaggio con l’esposizione di elementi fraudolenti.
Cappelleri ha poi assicurato che non c’è alcun rischio di prescrizione: proprio perché l’attività di indagine è legata agli anni che vanno dal 2012 al 2014, il procedimento per aggiotaggio e ostacolo all’attività di vigilanza si prescriveranno rispettivamente nel 2021 e nel 2024.
Quanto a un eventuale sequestro di beni nei confronti di Zonin, il procuratore ha affermato che ormai sarebbe inutile perché
“la banca è stata svuotata di qualunque sostanza effettiva”.
Una fitta rete di protezione
Negli anni precedenti a quelli oggetto dell’indagine, la Banca Popolare di Vicenza avrebbe intessuto rapporti con soggetti pubblici, i quali avrebbero poi ricoperto incarichi o sarebbero stati assunti all’interno dello stesso istituto.
Tra questi vi è anche l’ex procuratore di Vicenza Antonio Fojadelli, titolare delle indagini del 2001 che dispose l’archiviazione nei confronti dell’ex presidente Zonin per l’assenza di una prova assolutamente certa.
Un comportamento che secondo Cappelleri “stona” per un procuratore. Sta di fatto che una volta andato in pensione, Fojadelli ha ricoperto una carica in una controllata della Popolare di Vicenza.
Oltre a Fojadelli, avrebbero tenuto atteggiamenti ambigui anche altri soggetti pubblici come alcuni esponenti di Banca d’Italia ed altri ex funzionari della Pubblica Amministrazione.
Ma su questo aspetto ormai, ha precisato Cappelleri,
“i reati ipotizzabili in astratto sono prescritti e non posso promuovere l’azione penale.”
© RIPRODUZIONE RISERVATA