Cos’è il vincolo del doppio mandato e come il Movimento 5 Stelle lo ha superato

Alessandro Cipolla

24/07/2019

24/07/2019 - 16:49

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Il doppio mandato nel Movimento 5 Stelle è stato in parte superato: oltre al mandato zero per gli amministratori comunali e di Municipio, una deroga potrebbe arrivare anche per i parlamentari in caso di elezioni anticipate.

Cos’è il vincolo del doppio mandato e come il Movimento 5 Stelle lo ha superato

Come funziona il limite dei due mandati nel Movimento 5 Stelle? Questa è la domanda che sorge spontanea dopo le modifiche annunciate da Luigi Di Maio con l’introduzione del mandato zero che, come prassi, dovranno nel caso essere sottoposte adesso al voto su Rousseau.

Le recenti debacle alle urne nelle regionali in Abruzzo e in Sardegna, oltre alle amministrative di maggio, dove i 5 Stelle sono arrivati terzi mentre alle politiche avevano fatto il pieno di voti, hanno spinto il Movimento a dare il via libera alla possibilità di un terzo mandato per gli amministratori locali.

Di recente però Alessandro Di Battista, ospite in TV da Lilli Gruber, è andato oltre definendosi possibilista, in caso di elezioni anticipate, a una deroga anche per i parlamentari al secondo mandato visto che non porterebbero a termine l’ultima legislatura.

Movimento 5 Stelle: la regola dei due mandati

Dopo le prime esperienze dei Meetup e delle liste civiche, il 9 settembre del 2009 Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio fondano il Movimento 5 Stelle con tanto di programma e di regolamento interno.

Nonostante comunque un buon seguito e le folle quasi oceaniche dei V-Day, all’epoca gli iscritti erano circa 6.000. Soltanto un anno dopo il numero però si era decuplicato a 60.000, fino a raggiungere i circa 135.000 della stima relativa al 2016.

Per candidarsi alle varie elezioni ci sono delle procedure da rispettare e dei requisiti da dover soddisfare. Per esempio di non avere condanne giudiziarie, di non essere iscritti a un partito oppure alla massoneria e così via.

Nel regolamento però c’è anche un chiaro riferimento al limite di mandati che, un eletto del Movimento 5 Stelle, può esercitare sotto le insegne pentastellate. Ecco quanto si legge testualmente tra i requisiti:

Non aver già svolto, anche per periodi parziali, due mandati elettivi ad una o più delle cariche indicate al punto precedente.

Qualunque consigliere comunale, sindaco, consigliere regionale, parlamentare nazionale ed europeo, eletto nel Movimento 5 Stelle potrà prendere parte al massimo a due mandati elettorali, anche se parziali.

Un concetto questo che è stato ribadito lo scorso anno dal fondatore Beppe Grillo sul suo Blog: “Questa regola non si cambia né esisteranno mai deroghe ad essa“.

Lo scorso dicembre invece era stato Luigi Di Maio a smentire ogni ipotesi di modifica: “La regola dei due mandati per i parlamentari del M5S non è mai stata messa in discussione e non si tocca. Né quest’anno, né il prossimo, né mai”.

La modifica alla regola

Le prime voci di una possibile modifica sono iniziate a circolare nei mesi successivi al voto delle politiche del 2018. Vista la difficoltà a formare una maggioranza, prima della nascita del governo gialloverde si parlava anche di nuove elezioni in estate.

Se così fosse stato il vincolo dei due mandati sarebbe stato facilmente aggirato: non essendo la legislatura praticamente iniziata, in caso di nuove immediate elezioni i 5 Stelle avrebbero confermato in blocco tutti i candidati del 4 marzo.

Altra soluzione ipotizzata era quella di trasformare il vincolo dei due mandati in un limite massimo di dieci anni di incarico. In sostanza così gli eletti erano messi al riparo da possibili elezioni anticipate.

Adesso però le voci si stanno tramutando in certezze, anche se le modifiche saranno diverse da quelle circolate nei mesi scorsi. Dopo i pessimi risultati alle regionali, si interverrà sui mandati dei consiglieri comunali.

Nuove regole per i consiglieri comunali - ha affermato Di Maio - per esempio che il loro secondo mandato non valga e possano candidarsi anche al consiglio regionale, o in Parlamento”.

Così è nata l’idea del mandato zero, proposta che insieme al via libera alle alleanze locali con liste puramente civiche, dovrà essere ora approvata dal voto degli attivisti tramite la piattaforma Rousseau.

In poche parole un consigliere comunale pentastellato giunto ora al suo secondo mandato, in caso di modifica del regolamento avrà la possibilità di candidarsi per una terza volta anche in Parlamento, in Regione o in Europa.

Alessandro Di Battista però è tornato a mettere le mani avanti anche per i parlamentari: in caso di elezioni anticipate, per lui ci dovrebbe essere una deroga per chi è al secondo mandato.

Resta il fatto che questo vincolo ,se sarà rispettato alla lettera, rischia di far rimanere nei prossimi anni il Movimento praticamente senza classe dirigente: tutti gli attuali big, tranne Di Battista e Paragone, sarebbero infatti tagliati fuori e ricominciare da capo potrebbe non essere così facile come previsto.

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