Mercati emergenti: valute sempre più fragili con il super-dollaro. Debacle per il rublo

Nicola D’Antuono

10 Novembre 2014 - 12:44

Il super-dollaro sta mettendo in grande difficoltà le valute dei mercati emergenti, che pagano la fine del QE e deboli fondamentali macroeconomici

Mercati emergenti: valute sempre più fragili con il super-dollaro. Debacle per il rublo

Il rally del dollaro americano, avvenuto negli ultimi mesi, non ha messo al tappeto soltanto le monete più importanti (euro, yen, sterlina, franco svizzero e valute oceaniche in primis) bensì anche le valute dei mercati emergenti, che già dall’annuncio dell’avvio del tapering della FED nella primavera dello scorso anno hanno iniziato a sgretolarsi pericolosamente con pesanti svalutazioni nei confronti del biglietto verde. Una delle valute più colpite è il rublo russo, che venerdì ha aggiornato i minimi storici su euro e dollaro. Il cambio dollaro-rublo è volato fino a 48,60, registrando così un boom del 42% a partire da fine giugno scorso.

La svalutazione del rublo, accentuatasi negli ultimi giorni nonostante il maxi-aumento dei tassi in Russia al 9,5% dall’8%, ha fatto riemergere i fantasmi del 1998, quando il paese svalutò la moneta e dichiarò default sul debito sovrano. Oggi questo rischio sembra minimo, ma la crisi valutaria può creare problemi economico-finanziari notevoli considerando anche le sanzioni occidentali, la crisi geopolitica con l’Ucraina e il crollo dei prezzi del petrolio (-33% da fine giugno scorso). La fuga dal rublo è in corso da tempo e l’utilizzo di decine di miliardi di riserve da parte della banca centrale russa finora non è servito a nulla.

Sta soffrendo tantissimo anche il real brasiliano, che la scorsa settimana ha perso il 3,3% contro il biglietto verde. Il 30 ottobre scorso la banca centrale carioca è corsa ai ripari, alzando i tassi di interesse all’11,25%. Tuttavia l’istituto brasiliano ha poi dichiarato di non avere intenzione di aumentare ulteriormente il costo del denaro: quanto basta per far scatenare nuovamente il panico sul real. Nonostante gli altissimi rendimenti offre, la valuta sembra destinata a soffrire ancora molto a causa dei fragili fondamentali macroeconomici del paese: recessione tecnica, deficit elevato, investimenti bloccati, riforme al palo. Per la fresca confermata “presidenta” Dilma Rousseff sono all’orizzonte sfide di rilancio economico davvero complicate.

Non se la passa benissimo nemmeno la lira turca, a causa di un elevato debito in valuta estera (47% del pil) e di un deficit con l’estero all’8% del pil. Lo scorso gennaio il cambio dollaro-lira era salito fino ai massimi storici, poi il forte aumento dei tassi (oggi all’8,25%) ha favorito una lenta stabilizzazione del cambio. Il paese gode di una magigore stabilità politica dopo la riconferma di Erdogan al potere, ma resta vulnerabile agli shock esterni e in particolare alle mosse di politica monetaria della Federal Reserve.

Situazione difficile anche per il rand sudafricano, sul quale pesa anche il recente downgrade di Moody’s sul rating sovrano del paese a Baa2 (stesso giudizio di Brasile e Russia). Rispetto al mese scorso il rand è in calo del 4%. Il Sudafrica, prima economia del continente nero, soffre di bassa crescita, debito elevato e di continui black-out elettrici che non consentono all’industria di andare avanti a marcia spedita. I tassi sono al 5,75%, mentre preoccupa non poco il basso ammontare di riserve valutarie che al momento sono pari appena a cinque mesi di import. Quest’anno il pil è atteso in crescita solo dell’1,4% (ma con rischi al ribasso), ma ci sono forti timori per un’inflazione in costante crescita.

E’ quasi drammatica, invece, la situazione in Ucraina dove la hryvnia (o grivnia) ha già perso più del 50% da inizio anno nei confronti del dollaro. Solo la scorsa settimana la moneta di Kiev ha ceduto il 12%, aggiornando nuovi minimi storici. La banca centrale ucraina ha abbandonato il cambio ufficiale di 12,95 per non rischiare di azzerare le riserve valutarie (oggi a 12,6 miliardi di dollari, ovvero circa tre mesi di import). Il cambio dollaro/hryvnia è atteso a 15 entro fine anno, mentre l’inflazione galoppa a un ritmo del 20% e il pil viene stimato in caduta del 7%: un vero e proprio disastro economico e finanziario per un paese falcidiato dalla guerra.

Accesso completo a tutti gli articoli di Money.it

A partire da
€ 9.90 al mese

Abbonati ora

Iscriviti a Money.it