Mercati azionari e titoli di Stato: lo strano andamento dei rendimenti di T-Note e BTp

Riccardo Designori

04/04/2018

Diversamente da come la gestione attuale e prospettica della politica monetaria di FED e Bce suggerirebbe, i rendimenti dei titoli di Stato decennali di America e Italia scendono. I mercati azionari invece segnano il passo. È in atto l’inizio di una fase di fly to quality?

Mercati azionari e titoli di Stato: lo strano andamento dei rendimenti di T-Note e BTp

Il 2018 dei mercati finanziari è stato caratterizzato dal ritorno della volatilità. Dopo lunghi mesi guidati dalla mano delle banche centrali e delle loro politiche monetarie straordinariamente accomodanti, qualcosa è cambiato. La Federal Reserve Usa, da febbraio guidata dal neo Governatore Jerome Powell, e la Bce di Mario Draghi hanno confermato l’intenzione di proseguire la strada della normalizzazione delle politiche monetarie. Percorso naturale per gli Stati Uniti vista la serie consistente dei dati macroeconomici degli ultimi anni, percorso insidioso per la Banca centrale europea vista la fatica fatta per uscire dalla provante crisi economica degli ultimi anni. E i mercati si sono subito messi in guardia.

Il quadro tecnico dell’S&P 500

Solo lo scorso gennaio l’S&P 500 viaggiava sui massimi storici, con i 2900 punti nel mirino. Oggi arranca per non perdere il sostegno dei 2600 punti, area ove oltre a livelli di supporto statico vi è il transito della trendline rialzista di lungo periodo. Quella cha da aprile 2017 sostiene il trend crescente delle quotazioni dell’indice azionario americano e che nel pieno della volatilità del febbraio scorso ha fermato la discesa dei prezzi. In mezzo settimane con meno certezze, con più interrogativi sullo scacchiere geopolitico internazionale, sulle già citate politiche monetarie, sul cambio di mood verso i titoli Tech. La soglia dei 2800 punti è così diventata una soglia psicologica strategica. Solo chiusure oltre tale soglia, rigorosamente con volumi adeguati a sostenere un trend rialzista, darebbero nuovo vigore e impulso all’indice Usa.

Grafico giornaliero S&P 500, fonte dati Bloomberg

Il quadro tecnico del FTSE Mib

Se l’America starnutisce, il resto del mondo prende il raffreddore. Il vecchio detto rappresenta sempre un monito per i mercati finanziari internazionali. E infatti in queste settimane il FTSE Mib ha perso il brio con cui aveva iniziato il 2018. All’epoca l’indice di riferimento della Borsa Italiana passò dai 21900 punti di inizio gennaio ai quasi 24mila del 23 gennaio, con una performance di quasi l’11% in un paio di settimane di mercato.

Ora invece in gioco è la tenuta dei 22.000 punti, con una resistenza davvero coriacea posta in prossimità dei 22.860 punti. Il livello rappresenta un ostacolo grafico e psicologico ormai da inizio febbraio. Così come i 2.800 punti dell’S&P 500, anche per il FTSE Mib la soglia resistenziale appena menzionata rappresenta il livello spartiacque tra prospettive rialziste e ribassiste. Chiusure oltre i 22.900 punti riporterebbero il sereno sul listino italiano, diversamente il mood non sarebbe propriamente costruttivo.

Complice il gap ribassista provocato delle elezioni dello scorso 4 marzo, con ritorni sopra le resistenze statiche citate in precedenza si completerebbe una figura simile a un teste e spalle rovesciato. La spalla sinistra sarebbe espressa dai minimi di febbraio, la testa da quelli di inizio marzo e la spalla destra da quelli di queste ultime due settimane.

Grafico giornaliero FTSE Mib, fonte dati Bloomberg

Le incertezze dei mercati

A sostenere le quotazioni di un indice come il FTSE Mib potrebbe contribuire l’imminente stagione dei dividendi, che complice proprio la recente correzione delle quotazioni quest’anno è ancora più appetibile per i cacciatori di rendimenti veloci. Di contro non vanno tuttavia dimenticate le tensioni geopolitiche e, guardando nello specifico lo scacchiere italiano, le questioni legate alla creazione del nuovo Governo. In questo contesto, quello che stupisce è l’andamento dei mercati dei titoli di Stato.

Il rendimento del T-Note americano

Sia sulla sponda americana dell’Atlantico che in Italia i rendimenti delle obbligazioni nazionali a 10 anni da quando sul mercato è ritornata la volatilità sono in contrazione. Il che stona in termini di duration e prospettive di politica monetaria, specie se contestualizzati in economie in espansione e con stime di crescita anche per il biennio a venire.

Analizzando il grafico del rendimento del Treasury Note americano si nota come la discesa dei corsi iniziato a febbraio abbia portato i ritorni richiesti sul mercato secondario sotto la soglia del 2,8%. Attualmente scambia in area 2,74%, con una figura di inversione del trend rialzista culminato con i top di febbraio ancora da sfogare al ribasso. Il ritorno verso un rendimento del 2,6% appare un’alternativa naturale in questa fase guardando i prezzi. Valori che non hanno contato o comunque snobbato sia aumento dei tassi di interesse Usa delle scorse settimane sia le conferme di una politica monetaria caratterizzata da ulteriori strette del costo del denaro da qui al 2019.

Grafico rendimento Treasury Note 10 anni, fonte dati Bloomberg

Il rendimento del BTp a 10 anni

Ancora più particolare la situazione dei BTp a 10 anni italiani. I titoli di Stato del Belpaese dovrebbero soffrire fattori quali l’ammontare del debito nazionale, la mancanza di un Governo, la fine o la riduzione programmata per fine 2018 degli acquisti della Bce, prospettive di rialzo del costo del denaro da parte dell’istituto capitanato da Draghi.

Eppure osservando e analizzando i rendimenti sul mercato secondario del BTp a 10 anni qualcosa non torna. Dai massimi di fine 2017 e di febbraio 2018, quando i rendimenti erano superiori al 2%, ora sono scesi sotto la soglia dell’1,8%. Soprattutto le pressioni, tecnicamente parlando, sono sui supporti offerti dalla trendline tracciata con i minimi di settembre 2016 e dicembre 2017. Che se rotta spingerebbe ad un’ulteriore discesa dei rendimenti.

Grafico rendimento BTp 10 anni, fonte dati Bloomberg

È iniziata una fase di fly to quality?

Questo andamento dicotomico dei mercati obbligazionari rispetto a una serie di fattori esogeni ed endogeni, così come l’andamento delle ultime settimane dei mercati azionari, potrebbero dunque rappresentare un primo campanello di allarme per gli investitori. E’ iniziata una fase di rotazione di medio termine dal mercato azionario verso quello obbligazionario?

Siamo entrati in un periodo di risk off e di ricerca di rendimenti più sicuri? Quella che in gergo è chiamata fly to quality potrebbe effettivamente essere la motivazione del comportamento dei mercati finanziari nelle ultime settimane. In questo contesto, più che mai, l’attenzione dovrà essere massima.

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