Maternità in NASpI: quando l’assegno spetta in stato di disoccupazione

Simone Micocci

5 Novembre 2021 - 12:06

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Quando spetta l’indennità di maternità a chi è disoccupato? E nel caso dei percettori di NASpI? Facciamo chiarezza.

Maternità in NASpI: quando l’assegno spetta in stato di disoccupazione

Si può sospendere la NASpI nel periodo coperto da indennità di maternità: ci sono delle condizioni, infatti, in cui i 5 mesi di congedo di maternità spettano anche a coloro che sono in stato di disoccupazione.

Naturalmente per le lavoratrici disoccupate non si può parlare propriamente di “congedo”; per ovvi motivi, infatti, queste non potrebbero comunque recarsi a lavoro nel periodo compreso nella maternità. Per questo è più opportuno parlare di assegno di maternità, ovvero dell’indennità sostitutiva che l’INPS riconosce loro nei 5 mesi di maternità (2 mesi prima e 3 mesi dopo il parto) e che sospende l’erogazione della NASpI (qualora questa sia stata riconosciuta).

Solitamente per le lavoratrici subordinate è il datore di lavoro ad anticipare l’indennità sostitutiva di maternità; nel caso di chi è in stato di disoccupazione, e ad esempio percepisce la NASpI, è invece l’INPS a effettuare il pagamento diretto secondo le modalità indicate al momento in cui si presenta la richiesta.

Tra le tutele che lo Stato riconosce alle lavoratrici che stanno per diventare mamme, quindi, c’è anche la possibilità di godere della maternità qualora risultino disoccupate. E, come vedremo meglio di seguito, non è condizione essenziale percepire l’indennità NASpI.

Quando spetta l’assegno di maternità alle disoccupate

Come confermato dal sito dell’INPS, e secondo quanto previsto dall’articolo 24 del Testo Unico maternità/paternità, l’assegno di maternità spetta anche a coloro che risultano disoccupate o sospese, e in tal caso è l’INPS a effettuare il pagamento diretto dell’assegno.

Per ottenere l’indennità di maternità anche se disoccupate, però, le ex lavoratrici devono soddisfare determinate condizioni. Nel dettaglio, l’indennità di maternità spetta alle lavoratrici disoccupate qualora:

  • dall’inizio della sospensione del lavoro e l’inizio del congedo non siano trascorsi più di 60 giorni. Quindi considerando che il congedo di maternità scatta con 2 mesi di anticipo dalla data presunta del parto, ne hanno diritto coloro che perdono il lavoro ad almeno 5 mesi di gravidanza. Ad esempio, se la disoccupazione ha inizio a gennaio, l’inizio del congedo può essere previsto al massimo per l’inizio di marzo;
  • il congedo di maternità abbia inizio dopo il suddetto termine, allora l’indennità sarà riconosciuta ma a patto che la ex lavoratrice risulti essere titolare dell’indennità di disoccupazione NASpI. In tal caso la maternità prenderà il posto della Naspi, la quale tornerà a essere corrisposta al termine del congedo.

C’è poi una terza casistica che dà diritto all’assegno di maternità alle lavoratrici disoccupate. È il caso di coloro che erano impiegate in lavori per i quali è escluso il contributo contro la disoccupazione involontaria e soddisfano le seguenti condizioni:

  • il congedo di maternità è iniziato entro 180 giorni dall’ultimo giorno di lavoro;
  • negli ultimi due anni che precedono l’inizio del periodo di astensione obbligatoria risultano esserci almeno 26 contributi settimanali.

Queste sono le uniche tre situazioni in cui una disoccupata può avere diritto all’apposito assegno di maternità.

Assegno di maternità per le lavoratrici disoccupate: quanto spetta?

Sia nel caso in cui si fruisca della NASpI, che per coloro che invece non percepiscono alcuna indennità sostitutiva di disoccupazione, l’assegno di maternità viene pagato direttamente dall’INPS. Al momento della domanda di maternità bisognerà quindi indicare le modalità preferite per l’accredito diretto.

Ma quanto spetta? Non ci sono differenze rispetto all’indennità riconosciuta alle lavoratrici subordinate che fruiscono del congedo di maternità. Anche le disoccupate hanno diritto all’80% della retribuzione: per il calcolo in questo caso si prende come riferimento quanto percepito nell’ultimo rapporto di lavoro.

L’assegno non è cumulabile con la NASpI, la quale nei cinque mesi in cui si percepisce l’indennità di maternità viene sospesa per poi decorrere nuovamente una volta che terminano i 5 mesi coperti da maternità.

Dimettersi per ottenere indennità di maternità e la Naspi

Visto quanto appena detto ci sono molte lavoratrici che una volta scoperto di aspettare un bambino decidono di licenziarsi per passare più tempo con il nascituro e con la propria famiglia (ad esempio perché non riescono a ottenere la trasformazione dell’orario di lavoro da full a part time).

Alle lavoratrici che decidono di licenziarsi lo Stato riconosce il diritto sia all’indennità di maternità che di quella di disoccupazione.

Come noto, infatti, la NASpI spetta solamente a coloro che hanno perso il lavoro per cause indipendenti alla loro volontà, quindi a chi viene licenziato o a coloro i quali il contratto in scadenza non viene rinnovato. Non spetta in caso di dimissioni, a meno che queste non siano motivate da giusta causa.

Ed è proprio per questo motivo che le lavoratrici che si licenziano durante la gravidanza viene riconosciuto comunque il diritto alla NASpI: infatti, le dimissioni presentate nel periodo che va dal 1° giorno della certificazione della gravidanza ad 1 anno di età del bambino rientrano in quelle involontarie e che dunque danno diritto all’indennità di disoccupazione.

Queste lavoratrici, quindi, hanno diritto alla NASpI, ma naturalmente solo se hanno maturato almeno 13 settimane di contributi negli ultimi 5 anni, requisito essenziale per averne diritto.

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