Il licenziamento via Whatsapp è legittimo?

Teresa Maddonni

3 Agosto 2021 - 18:57

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Il licenziamento dei lavoratori via Whatsapp, sms o email, è ormai una prassi consolidata come alcuni fatti di cronaca dimostrano, ma è legittimo? Vediamo cosa dice la legge.

Il licenziamento via Whatsapp è legittimo?

Il licenziamento viene ormai comunicato dal datore di lavoro sempre più spesso tramite Whatsapp, ma è legittimo? La cronaca è piena di casi di lavoratori licenziati attraverso la nota piattaforma di messaggistica, o anche via sms tradizionale o tramite email.

Dopo il caso di oltre un anno fa quando 15 dipendenti di un ristorante di Arezzo erano stati licenziati tramite un messaggio su Whatsapp, scoprendo anche la cessazione dell’attività, arriva il recente caso della multinazionale Logistica che per delocalizzare ha lasciato a casa 90 lavoratori con la stessa modalità, molti dei quali erano in ferie. Fatti che hanno innumerevoli precedenti e sui quali molto spesso i giudici sono stati chiamati a pronunciarsi.

Abbiamo già parlato del licenziamento in caso di utilizzo del telefono al lavoro, vediamo ora se comunicarlo tramite Whatsapp è legittimo secondo la giurisprudenza.

Legittimo il licenziamento via Whatsapp: lo dicono i giudici

Il licenziamento via Whatsapp è legittimo e a dirlo sono i giudici che in più di un’occasione, con diverse sentenze, si sono espressi in merito.

Sembrerà ingiusto, e sicuramente a livello etico lo è: essere licenziati via Whatsapp indipendentemente dalla motivazione non è piacevole e umanamente difficilmente accettabile, eppure accade.

La Legge n.604/66 che regola i licenziamenti individuali all’articolo 2 scrive: “L’imprenditore deve comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore di lavoro”.

La normativa in materia in questo caso è molto generica come si evince da quanto enuncia la legge e proprio questo in qualche modo permette di rendere legittimo il licenziamento via Whatsapp perché trattasi di una forma scritta di comunicazione.

Il Tribunale di Catania prima con la sentenza del 27 giugno 2017, e la Corte di Appello di Roma poi con la sentenza del 23 aprile 2018, si sono espressi in tal senso ammettendo il licenziamento via Whatsapp.

Alla base delle motivazioni addotte vi è appunto, come anticipato, la genericità della legge stessa: essa ammette che la comunicazione del licenziamento debba avvenire in forma scritta, ma non dice quale debba essere il mezzo.

Potrebbe trattarsi di una raccomandata con ricevuta di ritorno o anche una mail con posta elettronica certificata. Entrambe queste forme confermano la ricezione, quindi anche per il messaggio Whatsapp vale lo stesso principio.

Dal momento infatti, e questo è il caso delle sentenze, che il lavoratore può impugnare il licenziamento, quella è la prova certa e definitiva della ricezione. La stampa stessa della chat accerta la ricezione del messaggio.

Il licenziamento via Whatsapp è dunque legittimo perché si tratta di una comunicazione scritta e le sentenze lo dimostrano. La questione etica che riguarda il comportamento del datore di lavoro che comunica in modi poco ortodossi il licenziamento esula dalla legittimità o meno dello stesso. Il licenziamento in nessun caso può avvenire in forma orale.

Il licenziamento è pertanto illegittimo qualora la comunicazione avvenga in forma orale dando anche diritto alla reintegra del dipendente. Il licenziamento può essere illegittimo anche se comunicato in forma scritta tramite Whatsapp se sussistono gli altri elementi stabiliti dalla legge.

Quando non è ammissibile il licenziamento via Whatsapp

Si evince da quanto sopra enunciato che il licenziamento via Whatsapp non è ammissibile in un caso ovvero quando non si può dimostrare che il messaggio sia stato recepito dal lavoratore.

Fatto salvo il caso in cui il dipendente impugni davanti a un giudice il licenziamento e quindi dimostri di aver ricevuto la notifica o anche quando attraverso altre chat ne fa parola con i colleghi, è necessario che il messaggio su Whatsapp abbia la conferma di essere stato letto perché questa forma di comunicazione scritta abbia validità.

In questo caso vale lo stesso principio che ha la raccomandata con avviso di ritorno o anche la PEC, ma non la mail semplice che non dà la certezza che sia stata ricevuta.

Lo stesso discorso del licenziamento via Whatsapp vale per la comunicazione tramite sms tradizionale. In questo caso la forma scritta è valida, ma non lo è se il mittente non è identificabile.

A esprimersi in merito è stata la Corte di Appello di Firenze con una sentenza del 2016 che ha riconosciuto la legittimità della comunicazione del licenziamento tramite sms a patto che l’identità del mittente non venga contestata. Il mezzo attraverso il quale si comunica il licenziamento, in questo caso l’sms, è assimilabile al telegramma, dunque legittimo.

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