Da segnali strategici a simboli filorussi; la storia e l’evoluzione di icone che oggi trasmettono i valori della propaganda di Putin nella guerra in Ucraina.
Ogni ideologia adotta simboli e icone che la rendano identificabile, che facciano parlare di sé e, ancor prima, lancino un segnale: ora anche Putin ha la sua ed è la lettera Z.
Una «Z» tracciata sui blindati e sui furgoni russi in Ucraina era stata notata sin dalle prime ore dell’invasione ma la sua prima apparizione risale al 22 febbraio in corrispondenza del riconoscimento da parte di Putin delle due sedicenti Repubbliche filorusse e separatiste del Donbass. All’epoca si trattava di un segnale strategico militare come spiega un noto esperto di Difesa, ma oggi il segno si è affermato come emblema del massacro del popolo ucraino; l’ultima lettera dell’alfabeto è un modo per affermare il proprio appoggio all’«operazione militare» volta, secondo Putin, a «de-nazificare» il Paese.
Non si tratta quindi una mossa centralizzata ovvero parte della narrativa governativa ufficiale così come è stata propagandata fino a questo momento, ma è ormai indissolubilmente legata al Cremlino ed è quasi diventata una svastica 2.0. Chi sostiene l’avanzata delle Russia in Occidente ripropone il messaggio attraverso qualsiasi mezzo, a partire dai social.
Questa guerra infatti si combatte anche online e anzi, potremmo dire mai come questa volta, rilanciare e dare rilevanza a un immagine è un’azione semplice, alla portata di chiunque e potenzialmente inarrestabile a livello di diffusione.
Da segnale strategico a simbolo filoputiniano
All’inizio dell’invasione, oltre alla Z, sui veicoli militari russi era possibile avvistare una varietà non indifferente di segni tra i quali ricordiamo un triangolo con due linee sui lati, un cerchio con tre punti all’interno e anche un piccolo triangolo all’interno di un triangolo più grande.
Col passare del tempo la Z però è diventata senza dubbio il simbolo più diffuso grazie alla sua semplicità e facilità di realizzazione così come la sua «diffusione» nell’immaginario collettivo di qualsiasi persona che normalmente adotti l’alfabeto latino. La questione più curiosa è che infatti questo carattere non esiste nell’alfabeto cirillico.
Il suo primo impiego, secondo vari esperti militari, era piuttosto legato alle destinazioni dei battaglioni che partecipavano alle esercitazioni in Bielorussia. Stando a questa lettura, appoggiata anche dall’ex direttore del think tank britannico Royal United Services Institute Michael Clarke, simboli come la Z ma anche la V servivano ai soldati russi per capire dov’era diretto un veicolo.
La lettera sarebbe dovuta essere disegnata poco prima dell’attacco per non rivelare la strategia ai nemici e in particolare «Z» stava per Zapad (ovest) e «V» per Vostok (est). Vista la necessità di spostarsi verso Ovest però le «Z» hanno preso maggiormente piede.
Altre tesi d’interpretazione vedono la traslitterazione in alfabeto latino di una frase o di una parola russa come “za pobedu” ossia “per la vittoria” o, nella meno probabile delle ipotesi, le iniziali di Volodymyr Zelensky inquadrato dalle truppe come il nemico da abbattere. Chi avalla questa ipotesi ricorda l’usanza di scrivere sui missili il nome del nemico in quanto destinatario dell’attacco stesso.
Oggi, qualunque sia il suo valore originario, viene impiegato in larga parte online e offline come emblema di dissenso verso la NATO e fedeltà a Putin e alla sua politica imperialista, come fosse un marchio di affermazione e riconoscimento tra militanti filorussi.
Diffusione nazionale ed estera: il caso dell’atleta russo
Questo episodio, che sarebbe più corretto definire un fenomeno sociale vista la sua diffusione a macchia d’olio, ci riporta a una domanda: quanto valore ha una narrazione? Il peso di una tecnica comunicativa è in realtà testimoniato da una lista di eventi lunga quanto la storia dell’umanità che da sempre si avvale di effigi di varia natura per visualizzare un’ideale e la convinzione di un gruppo.
Proprio per questo in Russia i sostenitori dell’attacco all’Ucraina e del presidente Vladimir Putin usano la Z in contesti non militari. Si oppongono alle manifestazioni pacifiste e devono rendersi identificabili. Questa lettera quindi appare anche su veicoli civili, sui muri di case e schermi di annunci pubblicitari come un tempo accedeva per la A cerchiata degli anarchici.
La cosa sorprendete è che si ricerca questo potere simbolico anche oltre i confini della Russia come nel caso di una manifestazione organizzata a Belgrado, in Serbia, sempre a sostegno dell’attacco all’Ucraina. Lo scorso 4 marzo migliaia di serbi sono infatti scesi in piazza con bandiere russe per protestare contro la Nato e l’Unione europea.
La storia più emblematica giunta ai media fino a ora si è però verificata in ambito sportivo quando sabato 5 marzo il simbolo è stato usato anche da un ginnasta russo nel corso della finale delle parallele alla Coppa del Mondo di ginnastica artistica a Doha, in Qatar.
Il nome del ragazzo è Ivan Kuliak e, sia durante la gara che sul podio, ha scelto d’indossare una divisa che sul petto aveva una “Z”. L’aspetto più surreale, che ricorda pagine di storia del secolo scorso, è che sul podio Kuliak occupava il terzo gradino, proprio accento all’atleta ucraino Kovtun Illia, arrivato primo.
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