Arriva finalmente alla Camera il testo definitivo della Legge di stabilità 2015. Dagli annunci ai fatti, la realtà cambia verso. Ecco tutti gli interventi tra luci e ombre.
Dopo il via libera di Napolitano finalmente approda alla Camera il testo definitivo della Legge di stabilità 2015 (leggi tutti gli interventi). Il calendario dei lavori è già stato fissato: la prossima settimana iniziano la audizioni e il primo via libera è atteso per metà novembre dopo di che il testo passerà al vaglio del Senato.
Restano comunque un paio di nodi abbastanza intricati da sciogliere: il primo riguarda quei 4 miliardi di tagli alle Regioni che proprio non vanno già agli enti locali anche alle luce dei tagli ai Ministeri che si fermano a soltanto 1,7 miliardi; il secondo nodo è la lettera inviata da Bruxelles all’Italia in cui la Commissione ha chiesto spiegazioni al governo sui conti della manovra.
Entrambe le questioni dovrebbe trovare una soluzione a breve: entro domani il Ministro Padoan risponderà a Bruxelles, ma già oggi si è detto disponibile ad utilizzare 2 miliardi di euro per andare incontro alle richieste comunitarie. Continua anche il dialogo con il Presidente della conferenze delle Regioni, Sergio Chiamparino. Infine, lunedì il Ministro Poletti ha in programma un incontro con i sindacati per appianare le divergenze sulla riforma del lavoro.
Luci e ombre sulla legge di stabilità 2015
Gli annunci e le slide con riduzioni di tasse e più incentivi poi si scontrano inesorabilmente con la realtà dei fatti. Ed è proprio qui, purtroppo, che le cose cambiano verso. (In un precedente articolo abbiamo già rivelato le fregature della Legge di stabilità)
Nel testo definitivo sono confermati gli sgravi contributivi per i neo assunti. L’azzeramento dei contributi per i primi tre anni dal momento dell’assunzione fino a 8.060 euro, tetto che permette di coprire i contributi anche di stipendi superiori ai 1.200 euro mensili.
La legge di stabilità rende strutturali gli 80 euro di bonus irpef per coloro che guadagnano meno di 25mila euro, ma la platea dei beneficiari non viene ampliata come promesso nei mesi scorsi. Incapienti, partite iva e pensionati restano i grandi esclusi dei bonus 2015.
Si aggiunge al bonus Irpef anche il bonus bebè, sempre di 80 euro. Dopo valanghe di notizie contraddittorie, ieri sono finalmente arrivate le precisazioni dal Mef: il bonus spetta per i bambini nati o adottati tra il primo gennaio 2015 e il 31 dicembre 2017, per le famiglie con reddito complessivo sotto i 90euro annui ed ha durata tre anni. Oggi però si scopre che il bonus non sarà automatico, ma saranno le mamme interessate a dover fare richiesta all’Inps.
Per quanto riguarda le pensioni si aumentano le tasse su fondi pensione e casse di previdenza e si introduce il pagamento unificato al 10 del mese. Nessuna risposta per esodati, insegnanti quota 96 e lavoratori precoci che speravano nella legge di stabilità per poter andare in pensione. Leggi tutte le novità sulle pensioni
Resta l’eliminazione della componente lavoro dalla base imponibile Irap, ma allo steso tempo si fa marcia indietro sul taglio dell’aliquota Irap che torna a quota 3,9%. Il taglio Irap vale soltanto per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato quindi per le piccole aziende oltre al danno di non ricevere alcun aiuto, si aggiunge anche la beffa dell’aumento dell’Irap.
Confermata la possibilità su richiesta del lavoratore di avere il Tfr subito in busta paga. Ma anche qui si nasconde una trappola per il dipendente. La quota di Tfr versata in busta paga sarà sottoposta a tassazione ordinaria e non alla tassazione agevolata fissata per i trattamenti di fine rapporto.
Infine, sono confermati, nonostante le polemiche delle Regioni, i tagli per 4 miliardi. Chiamparino, all’indomani della presentazione della legge di stabilirò, aveva subito denunciato che "la manovra è insostenibile per le Regioni a meno di non incidere sulla spesa sanitaria, che rappresenta l’80% della spesa regionale, o sui servizi fondamentali, dal trasporto pubblico alle politiche sociali". E oggi con il testo definitivo della legge di stabilità si scopre che i tagli alle spese correnti sono di 5,7 miliardi di cui 4 miliardi che gravano sulle Regioni, mentre il taglio sui ministeri è di 1,17, di cui solo 413 di spesa corrente.
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