Nella dura realtà del sistema produttivo italiano, le imprese devono attrezzarsi il più possibile per promuovere le esportazioni. Nonostante quanto già visto, il web non può, da solo, far lievitare il giro di export di un’azienda. Ci vogliono anche persone all’altezza. Soprattutto in questo settore, dunque, il capitale umano ricopre un’importanza cardinale.
Caccia agli export manager
Proprio per questi motivi una figura in forte ascesa sul mercato è quella dell’export manager, vale a dire il dirigente d’azienda esperto in mercati internazionali, forte di legami con imprese e istituzioni straniere.
La posizione è ricercata perché, a fronte della stagnazione dei consumi interni, ci sono paesi che continuano a crescere e a incrementare, così, l’espansione delle proprie aziende. Andare all’estero, pertanto, diventa una necessità
L’export manager, quindi, è sempre più necessario alle imprese italiane, posto che in molti casi un manager abile sul mercato internazionale è più utile di un normale dirigente.
Fenomeno generale
Non si sta parlando solamente delle grandi aziende. Le capacità di rendere commerciabili i propri prodotti all’estero riguarda oramai anche le piccole e medie imprese.
Prendiamo il caso di quello che adesso è un marchio celebrato e famoso in tutto il mondo: Eataly, la catena specializzata nell’agroalimentare italiano, fondata da Oscar Farinetti a gennaio del 2004 e presente ora in tutto il mondo con punti vendita e ristoranti. La strategia vincente di Farinetti è stata proprio quella di internazionalizzare il prodotto: nel caso specifico, si può dire che sia partito favorito, visto l’altissimo prestigio di cui gode il made in Italy nel campo alimentare.
L’Italia è indietro
Il nostro paese sconta un ritardo non indifferente nel settore export. I dati Eurostat mostrano come, tra il 2000 e il 2012, l’Italia abbia perso oltre l’1% di quote sul mercato internazionale delle esportazioni .
Siamo indietro da un punto di vista prima di tutto culturale: secondo le statistiche elaborate da Manageritalia solo il 35% dei manager sta puntando sull’estero per aumentare la competitività della propria azienda. Oltre che quantitativo, il gap è anche qualitativo: i dirigenti italiani presentano limitate capacità manageriali e organizzative, che incidono negativamente sulle possibilità di dialogare con interlocutori internazionali e di penetrare nei mercati emergenti.
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