Banche centrali verso una guerra valutaria?

Ufficio Studi Money.it

08/07/2019

08/07/2019 - 09:06

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La nomina della Lagarde alla BCE assicura altri otto anni di politiche monetarie espansive all’Eurozona, con la possibilità di ulteriore deprezzamento dell’euro. Il rischio? L’ira di Trump

Banche centrali verso una guerra valutaria?

Per i prossimi 8 anni la Presidenza della Banca Centrale Europea sarà occupata per la prima volta da una donna. Trattasi di Christine Lagarde, scelta per proseguire le politiche monetarie del presidente uscente Mario Draghi ed assicurare continuità con un profilo di caratura internazionale come i suoi predecessori.

In tanti analisti hanno plaudito alla scelta della Lagarde alla BCE in quanto porterà all’Eurotower quell’esperienza negoziale acquisita nei suoi otto anni di Fondo Monetario Internazionale (IMF), assicurando equilibrio all’interno del Consiglio direttivo.

La nomina di Lagarde alla BCE è una notizia positiva per gli investitori?

Preferita al tedesco Jens Weidmann, Lagarde alla presidenza della Banca Centrale Europea è certamente una notizia inaspettata ma che i mercati finanziari hanno accolto con favore.

“Lady Euro”, così Lagarde è stata ribattezzata dai medie europei, sarà un Governatore ‘colomba’ e oltre a proseguire le politiche monetarie accomodanti del suo predecessore faciliterà il dibattito sull’utilizzo delle politiche fiscali da parte dei Governi in Europa per coadiuvare gli sforzi dell’Eurotower e rilanciare la crescita.

Per quanto riguarda l’attuale posizione della BCE in termini di politica monetaria, la Banca Centrale ha dichiarato che se le cose non dovessero migliorare, è possibile che sarà necessario introdurre ulteriori stimoli, compresi un cambiamento della forward guidance, tassi di interesse inferiori o un maggiore quantitative easing.

Leggi anche Lagarde presidente BCE, quali effetti su tassi e mutui.

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La sfida per la BCE è capire se queste iniziative sulle politiche possano modificare sufficientemente l’outlook, soprattutto in un contesto di bassa inflazione, e se una politica più accomodante possa essere vista a livello internazionale come una mossa che mira all’indebolimento dell’euro. In quest’ultimo caso il presidente americano Donald Trump è già pronto a scatenare una guerra valutaria.

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Nel frattempo il rendimento del Bund a 10 anni tedesco la scorsa settimana è sceso sotto il tasso di deposito delle banche presso la BCE (-0,40%). Un livello impressionante, specie se confrontato con il tasso del Treasury americano a 10 anni. Trump si mangia le mani e ha dichiarato che vorrebbe Draghi alla Fed; ovviamente omette di dire che la Germania ha debito pari al 60% del PIL, mentre gli USA al 103%.

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