La SEC ha fatto causa a Ripple per la vendita non registrata delle criptovalute XRP

Pierandrea Ferrari

24 Dicembre 2020 - 11:19

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Le indiscrezioni degli ultimi giorni hanno trovato una conferma: la SEC ha citato in giudizio la fintech Ripple per la vendita non registrata della valuta nativa XRP.

La SEC ha fatto causa a Ripple per la vendita non registrata delle criptovalute XRP

La SEC – ente federale preposto alla vigilanza della Borsa – ha citato in giudizio Ripple per aver violato le norme che vietano la vendita di titoli non registrati. Sotto la lente dell’agenzia gli 1,3 miliardi di dollari incassati dalla fintech con le criptovalute XRP, oltre ai circa 600 milioni di dollari che il CEO Brian Garlinghouse e il cofondatore Christian Larsen si sarebbero assicurati con la vendita personale della valuta.

La mossa della SEC era stata preannunciata ad inizio settimana dallo stesso board di Ripple, che in un comunicato diramato nella tarda serata di lunedì 21 dicembre aveva commentato con rammarico l’intenzione dell’ente: “è una decisione fondamentalmente sbagliata da un punto di vista legale”.

Più nel dettaglio, la questione ruota intorno alla vendita della criptovaluta XRP agli investitori, con i vertici dell’azienda californiana che continuano a negare la necessità di registrare le monete digitali come contratti d’investimento. Intanto, i mercati hanno già emesso il loro verdetto: la valuta è in picchiata e viene ora scambiata a 0,26 dollari, per una contrazione del 54,9% nell’ultima settimana.

La SEC ha citato in giudizio Ripple per la vendita di XRP non registrate

Nonostante manchino solo pochi giorni al cambio d’amministrazione della SEC, l’ente di vigilanza ha deciso di procedere a passo spedito nella sua causa contro Ripple: la fintech dovrà ora difendersi dalle molteplici accuse avanzate dall’agenzia.

La vicenda è chiara: il Presidente dell’agenzia, Jay Clayton, ritiene che Ripple dovesse registrare la valuta virtuale XRP prima di quotarla, così come accade per qualsiasi titolo che intenda esordire sui mercati finanziari. D’altra parte, il board della società con sede a San Francisco considera XRP una moneta, e come tale non dovrebbe essere imbrigliata nei regolamenti canonici di Borsa.

Del resto, la criptovaluta è stata creata da Ripple nel lontano 2012, e in questi otto anni l’ente di vigilanza non ha mai formalmente accusato la fintech di alcuna irregolarità. Ma i vertici della società, ora, tremano: la SEC ha recentemente vinto delle cause di alto profilo, come quelle contro le start up Block.one e Kik, accusate di aver aggirato i regolamenti con raccolte fondi denominate Initial Coin Offering (ICO). Se l’esito della citazione dovesse essere lo stesso, Ripple potrebbe andare incontro ad un sostanzioso ridimensionamento dopo aver consolidato la sua valutazione a quota 10 miliardi di dollari.

Infatti, sebbene la società si sia sempre dichiarata indipendente dalla criptovaluta, le rigide regole che verrebbero imposte su XRP in caso di verdetto negativo finirebbero inevitabilmente per colpire le casse della fintech, dato che quest’ultima possiede nel suo portafoglio 55 dei 100 miliardi di XRP presenti attualmente sul mercato delle crypto.

Una via di fuga, come già accennato in passato dal CEO Brad Garlinghouse, potrebbe essere garantita dal trasferimento della sede centrale al di fuori del confine statunitense, sebbene il board di Ripple abbia più volte manifestato la volontà di dialogare con la nuova amministrazione Biden. In lista il Regno Unito, la cui chiara tassonomia è apprezzata dai vertici della fintech, ma anche Svizzera, Singapore, Giappone ed Emirati Arabi verrebbero considerate in caso di trasloco.

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