L’accordo con la Cina è una fregatura: Italia preda perfetta

Fabio Frabetti

4 Aprile 2019 - 14:28

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L’accordo con la Cina è una chiara fregatura, l’Italia è diventata la preda perfetta di Pechino,tappa della sua espansione geopolitica ed economica. Marzio Ammendola imprenditore ed editore del sito AgainstChina.com, in questa intervista per Money.it mette il dito nella piaga sui grandissimi rischi a cui l’Italia andrà incontro dopo l’accordo firmato nelle scorse settimane.

L’accordo con la Cina è una fregatura: Italia preda perfetta

L’accordo con la Cina è una chiara fregatura, l’Italia è diventata preda perfetta di Pechino,tappa della sua espansione geopolitica ed economica. Marzio Ammendola è un imprenditore, conosce molto bene la realtà cinese per averla vissuta a fondo. Oggi è editore del sito AgainstChina.com, portale di controinformazione sul regime cinese e sulle sue dichiarate e trasparenti mire espansionistiche. In questa intervista per Money.it mette il dito nella piaga sui grandissimi rischi che l’Italia correrà con il memorandum firmato nelle scorse settimane.

“La fregatura è dichiarata, il loro progetto di dominio geopolitico è fin troppo evidente. Mirano a costruire un nuovo ordine mondiale e lo stanno attuando, come sta già accadendo in alcune aree dell’Africa e dell’Asia, attraverso alcune tecniche come la trappola del debito, quella dove andremo a cascare tra poco anche noi. Lo dicono platealmente ma facciamo finta di niente. La Via della Seta è un progetto strategico di lungo termine basato sulla costruzione di alcuni collegamenti marittimi e terrestri. Questo obiettivo è stato addirittura inserito nella costituzione cinese. Il dittatore cinese ha ottenuto un mandato a vita per avere il tempo di pianificare tutte le strategie necessarie per realizzarlo”

Stabilità sociale in cambio della crescita economica: il segreto di una dittatura

Secondo Ammendola bisogna capire bene i termini della questione, non ci troveremmo davanti infatti a tradizionali accordi con delle semplici società private.

“Quando trattiamo con imprese cinesi stiamo in realtà interagendo con lo Stato. Stiamo parlando di un regime totalitario, una dittatura che deve raggiungere degli obiettivi ben precisi per il suo equilibrio interno. Anche perché le dittature sono sempre storicamente cadute, prima o poi, a causa di errori o fattori economici interni ed esterni. C’è stato un tacito accordo con il popolo. Per mantenere la stabilità sociale la dittatura deve garantire una crescita economica costante, un benessere materiale tangibile, in cambio delle continue riduzioni della libertà personale come il controllo sui media e sui social. Stanno per introdurre una sorta di pagella sociale con un sistema di controllo molto invasivo basato sul riconoscimento facciale. In base al comportamento tenuto, il cittadino potrà avere più o meno diritti. Il tutto secondo i criteri stabiliti del partito comunista cinese: dalla limitazione all’uso dei mezzi di trasporto fino all’arresto. Ci sono ancora dei lager dove vengono rinchiuse alcune minoranze etniche e religiose. Stiamo davvero parlando di un regime a tutti gli effetti”.

Conquistare con il debito

Un possibile grande rischio per l’Italia potrebbe essere quello di un indebitamento con la Cina nel caso si trovasse in difficoltà nel finanziare alcune opere necessarie alla realizzazione della famigerata Via della Seta. Ammendola ce lo spiega con un esempio.

“Facciamo finta che il porto di Trieste sia quello prescelto per fare da terminal alla rotta marittima commerciale. La Cina per potenziare questo porto mette in campo un investimento di dieci miliardi, necessari alla realizzazione dell’infrastruttura. Viene chiesto all’Italia di contribuire per il 50%. Come è facile immaginare il nostro Paese non dispone di queste risorse ed allora ecco l’avvenente proposta: nessun problema, ci pensa la banca di stato cinese a mettere con prontezza sul piatto anche la nostra parte. Se alla scadenza del debito, l’Italia non riuscisse ad onorarlo, quel porto diventerà della Cina. Non sono fantasie, sono cose accadute in altri Paesi. Il target della Cina è rappresentato da quei Paesi finanziariamente facili, prede ideali da conquistare, non si rivolgono certo alla Germania. Soprattutto ora che il debito italiano è diventato insostenibile, negli ultimi 12 mesi è cresciuto di 71 miliardi, il doppio rispetto all’anno precedente. Bisogna quindi andare a cercare i soldi. Anche in Cina”.

Surplus commerciale e regole asimmetriche

Se in Italia si è dato molto rilievo all’accordo, enfatizzandone i presunti benefici, in Cina ci si è spinti anche oltre:

“I media cinesi hanno pubblicizzato questa firma a Roma come un trionfo, c’è la consapevolezza di aver conquistato la prima grande preda, l’Italia è strategica. Un passo per incrinare la già precaria unità europea. Per la Cina mangiarsi un boccone come l’Europa può essere indigesto ma farlo a pezzettini volta per volta, sarà molto più semplice. Questa firma avrà dunque un impatto molto importante. La partita in gioco è grande e così i rischi. La Cina nei confronti degli Stati Uniti ha un surplus commerciale di 275 miliardi di dollari, verso l’Europa di 175 miliardi. La ricchezza della Cina si basa su questo, grazie a regole asimmetriche. La madre di tutti i problemi sono le regole del WTO, la nascita della globalizzazione che le ha consentito di competere con vantaggi enormi. Nel 1999 la Cina era un Paese in via di sviluppo, ora queste regole andrebbero cambiate, non è più in quella condizione. L’accordo di Parigi sul clima prevede che la Cina possa continuare ad aumentare le proprie emissioni di CO2 fino al 2030: stiamo parlando del Paese che ha le maggiori emissioni e gli viene consentito di aumentarle. Se gli altri Paesi dovranno invece ridurle, sarà necessario introdurre nel processo produttivo una serie di azioni con un forte impatto sui costi del prodotto finito, dunque gli articoli cinesi continueranno ad essere sempre più competitivi”.

Futura invasione di prodotti cinesi

La disparità tra importazioni ed esportazioni è uno dei grandi problemi nelle relazioni commerciali.

“Quando dobbiamo esportare in Cina l’Alfa Romeo o la Maserati, scattano dazi molto elevanti. Si tratta di prodotti premium, destinati ad un target molto alto in grado di avere mercati interessanti anche a queste condizioni. Se invece vogliamo esportare vetture medie dove i dazi sono decisivi per il successo o meno di un prodotto, per evitarli saremo costretti ad andare a produrre in Cina. Per poterlo fare si è però costretti ad avere un socio cinese, condividendo con lui la nostra tecnologia. Così impareranno a fare da soli e chi si è visto si è visto. Tra qualche anno la Via della Seta me la immagino così: collegamenti ferroviari pieni di treni con automobili cinesi che invaderanno l’Europa. La loro visione è di lungo termine, noi invece l’esatto contrario. Non si può fare una negoziazione del genere quasi improvvisando ed avendo di fronte i campioni mondiali in materia. I risultati, purtroppo, saranno scontati. La Cina si sta portando a casa gli obiettivi strategici per la sua espansione commerciale e geopolitica, se uno stato perde questi pezzi di sovranità non potrà più essere indipendente e libero”.

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