Italia, record di lavoratori autonomi. Ma non è un bene

Irene Mancuso

7 Settembre 2017 - 08:35

Il numero di lavoratori autonomi in Italia è da record, seconda solo dopo la Grecia. Il risultato ottenuto però, non ha valore positivo. Perché?

Italia, record di lavoratori autonomi. Ma non è un bene

L’Italia vanta ad oggi circa il 21% di lavoratori che si dichiara autonomo, seguendo nella classifica la Grecia al primo posto, con circa il 29% della categoria, e superando di circa il 6% la media Ue.

Il dato nasconde però del marcio, perché spesso dietro la categoria di self-employed si celano “rapporti di subordinazione mascherati o di persone che ripiegano sull’autoimpiego” come spiega Stefano Liebman, ordinario del Diritto del Lavoro alla Bocconi.

Cosa c’è allora dietro l’etichetta di lavoratore autonomo? Può considerarsi di fatto una modalità di impiego redditizia? Il quadro offerto da Liebman lo spiega.

I lavoratori autonomi in Italia e nella UE

Secondo i dati recenti dell’Eurostat, calcolati su 30,6 milione di persone auto-impiegate in Europa, tra i 15 e 64 anni di età, l’Italia vanta un numero piuttosto elevato di self-employed, rispetto al contesto lavorativo di altre nazioni europee.
Germania, Estonia, Lussemburgo e Svezia hanno lavoratori autonomi in minor numero ma anche i tassi di disoccupazione vanno di pari passo: 4,3% fino a 3,7% per le economie tedesche e danesi, contro l’11% per l’Italia.

La politica fallimentare del self-employed

Il cosiddetto self-employed italiano ha circa 45 anni di età nel 55% dei casi e nel 71% delle situazioni ha un lavoro senza dipendenti.
I settori che racchiudono più lavoratori autonomi sono la vendita al dettaglio e riparazione di veicoli a motore, l’agricoltura e la pesca, le costruzioni.
Quasi tutte professioni di difficile approdo, dove si finge di essere autonomi pur di lavorare. Questa l’ipotesi di Liebman che continua così:

da un lato c’è l’uso improprio che si è fatto a lungo di formule come i co.co.co (collaborazioni coordinate continuative), dove si facevano passare per autonomi dei dipendenti.

Non è un caso che le professioni di ambito scientifico e tecnico sono toccate di meno, incidendo con circa il 12% contro il 16% di coloro che si occupano della riparazione di motori. Ed infatti:

non sono le oltre 7mila startup italiane a creare i lavoratori “autonomi”, ma la situazione di instabilità che riguarda chi cerca lavoro.

Lavoro più instabile che autonomo

L’idea di una carriera indipendente è dunque ben lontana dalla realtà, e a sperimentarlo con la propria esperienza sono soprattutto i giovani.
Il 35% degli occupati che si definisce freelance ha meno di 40 anni, ma l’utilizzo dell’etichetta non preserva i giovani dal trovare un vero e proprio impiego.

Ciò è dipeso soprattutto dalle incresciose politiche attuate in Italia, ben lontane dal tutelare l’inserimento nel lavoro e investendo solo lo 0,5% del Pil contro il 2,05% della Danimarca o l’1,27% della Svezia.

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