In Italia un nuovo lockdown è possibile (ed è tutta colpa della politica)

Alessandro Cipolla

20/01/2022

20/01/2022 - 08:40

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Nonostante l’imminente riforma del sistema dei colori, resterà in vigore la zona rossa per quelle Regioni con gli ospedali pieni: se dovesse scattare un nuovo lockdown in Italia la colpa sarà tutta della politica.

In Italia un nuovo lockdown è possibile (ed è tutta colpa della politica)

La variante Omicron continua a diffondersi in maniera incontrollata e in Italia torna l’incubo del lockdown. Viste le richieste dei Presidenti di Regione, l’imminente riforma del sistema dei colori dovrebbe andare a eliminare il bianco, il giallo e l’arancione, lasciando però la zona rossa.

Bisogna ricordare che la zona rossa farebbe scattare un nuovo sostanziale lockdown con molte attività chiuse e forti limiti agli spostamenti. Una Regione per poter entrare in questo livello di massimo allarme deve avere una occupazione delle terapie intensive oltre il 30% e dell’area medica oltre il 40%.

Dalla prossima settimana la Valle D’Aosta potrebbe finire in rosso mentre diverse altre Regioni sono a forte rischio zona arancione. Con il picco di questa quarta ondata che ancora deve essere raggiunto, facile immaginare come a inizio febbraio lo spettro del lockdown possa tornare a incombere sopra i cieli di mezza Italia.

Del resto la variante Omicron si sta dimostrando meno virulenta rispetto a Delta ma, visti i ritmi di contagio e la presenza ancora di milioni di italiani non vaccinati o senza terza dose, un aumento delle ospedalizzazioni appare comunque inevitabile.

Possibile lockdown? Colpa della politica

Come mai in Italia, dove l’82% del totale della popolazione ha ricevuto due dosi del vaccino e il 48% ha fatto la terza dose, nonostante il numero record di misure restrittive c’è ancora il concreto rischio per diverse Regioni di finire in lockdown?

Alla base di tutto ci sono diversi errori fatti dalla politica. Il primo è da condividere a livello internazionale con tutti gli altri grandi Paesi del pianeta, che si sono accaparrati la quasi totalità dei vaccini lasciando agli altri solo le proverbiali briciole: il fatto che la variante Omicron sia nata nell’Africa Australe non è di certo una casualità.

Poi tornando in Italia c’è stato l’abbaglio del pensare che con il green pass si sarebbe potuto evitare il contagio tra persone vaccinate: i dati del calo di efficenza dei vaccini erano noti fin da maggio con la campagna per la terza dose che poi è partita con troppa lentezza.

Ma il grande peccato della politica riguarda lo stato del nostro Sistema Sanitario Nazionale, visto che la zona rossa e il conseguente lockdown scatta in seguito al superamento di determinati parametri di ricoveri.

In Italia il numero di posti letto ordinari è di 314 per 100.000 abitanti contro la media europea di 500, mentre quelli di terapia intensiva sono 14 per 100.000 abitanti ovvero meno della metà rispetto alla Germania (33).

A inizio pandemia nel nostro Paese eravamo a 8,6 posti letto in terapia intensiva per 100.000 abitanti: un numero indecoroso per un membro del G8 che negli ultimi due anni, nonostante i miliardi stanziati, non è aumentato di molto.

Inoltre l’Italia ha 60.000 medici specialisti in meno della Germania e 43.000 della Francia, con anche il numero di infermieri in rapporto alla popolazione che è inferiore rispetto agli altri principali Paesi europei. Bisogna poi stendere un velo pietoso sul trucchetto di alcune Regioni di aumentare a fisarmonica i posti letto senza avere effettivamente del personale a disposizione, il tutto per evitare il cambio di colore.

Se i nostri ospedali sono in affanno nonostante la pandemia sia in corso ormai da due anni e la diffusione dei vaccini, questo è dovuto agli errori della politica compiuti in passato con la stessa classe dirigente che finora è stata incapace di rimediare in celerità a queste mancanze croniche.

Se nelle prossime settimane delle Regioni dovessero finire in zona rossa - e di conseguenza in lockdown - le colpe parafrasando il Folagra del film di Fantozzi andrà ricercata “a monte” e non di certo a valle.

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