L’Italia non vuole il CETA: l’annuncio del ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio, che vuole proteggere i prodotti Dop e Igp: “È tutto previsto nel contratto di governo”.
Il ministro dell’agricoltura Gian Marco Centinaio ha annunciato che l’Italia non ratificherà l’accordo di libero scambio tra l’UE e il Canada - il CETA - perché “tutela solo una piccola parte dei nostri prodotti Dop e Igp”.
Il CETA, entrato in vigore in forma provvisoria a settembre del 2017, elimina gran parte delle tariffe doganali tra Unione europea e Canada.
Secondo il ministro leghista la mossa era prevista nel contratto di governo e mira a difendere la qualità dei prodotti del “Made in Italy”; ha inoltre precisato che i dubbi sul trattato non sono sorti soltanto all’interno del suo partito, e che “molti dei miei colleghi europei pensano la stessa cosa”.
DOP e IGP sono marchi che tutelano giuridicamente i nomi dei prodotti agricoli di qualità e dei prodotti alimentari. Nei 28 paesi membri dell’Unione europea, l’Italia ha il più alto numero di prodotti alimentari che godono di queste denominazioni, con 221 produzioni protette.
I prodotti italiani con il marchio DOP o IGP includono, tra gli altri, l’Aceto Balsamico di Modena, le arance rosse siciliane, una gamma di formaggi regionali tra cui il Grana Padano e il Gorgonzola, oltre che diversi tipi di carne, oli e verdure.
CETA: timori di perdere 300.000 posti di lavoro
Il trattato di libero scambio tra il Canada e l’Unione Europea - CETA - è un importante accordo commerciale che tutti i 28 Stati membri dell’UE devono approvare perché entri in vigore in forma definitiva.
Il no dell’Italia, oltre a fermare l’accordo, potrebbe rappresentare un primo concreto ostacolo alle relazioni tra l’Europa e il nuovo governo del Belpaese.
Secondo la Commissione europea il trattato - che ha richiesto sette anni per la sua realizzazione - taglierà il 98% delle tariffe commerciali tra UE e Canada e farà da stimolo al commercio e agli investimenti. Alle aziende europee sarà consentito fare offerte per appalti pubblici in Canada, a cui a sua volta sarà vietata la vendita delle imitazioni di 140 prodotti alimentari europei sul suo territorio.
Ma l’ostilità nei confronti dell’accordo si è manifestata molto presto, mossa prevalentemente dal timore che le importazioni canadesi a buon mercato potessero danneggiare le imprese nazionali e abbassare gli standard a tutela dei consumatori europei. Uno studio pubblicato sull’International Journal of Political Economy nel marzo 2017 ha dichiarato che il CETA potrebbe causare la perdita di 300.000 posti di lavoro e un aumento delle disuguaglianze.
All’opposto, la Commissione europea afferma che il CETA renderà più semplice ed economico per le imprese italiane fare export di beni e servizi in Canada. Al momento secondo la Commissione sono 13.147 le aziende che esportano in Canada, e il 79% di queste sono piccole e medie imprese; mentre sono stati 63.000 i posti di lavoro italiani garantiti dall’export dell’Ue verso il Nuovo Continente.
I prodotti che l’Italia già esporta in Canada sono ceramiche, tessuti, farina, salsa di pomodoro, verdure, mobili e prodotti da forno. Il valore dell’export del Belpaese verso Ottawa è di 5,1 miliardi di euro all’anno, mentre il valore delle importazioni italiane dal Canada è di 1,9 miliardi di euro.
Cecilia Malmstrom, commissaria europea al commercio, aveva cercato di rassicurare l’Italia lo scorso anno, affermando che il Canada aveva concesso a 143 indicazioni geografiche europee (IG) - di cui 41 italiane - un elevato grado di protezione.
Posizione opposta rispetto a quella dell’ultimo esecutivo
Poco meno di un anno fa, in occasione dell’introduzione provvisoria della misura, l’allora ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda sottolineava l’efficacia del trattato, in grado secondo lui di abolire la quasi totalità delle tariffe doganali canadesi, specie in alcuni settori punta del nostro export, e di rimuovere anche diverse importanti barriere non tariffarie, garantendo l’apertura del mercato degli appalti pubblici alle aziende europee.
Calenda, che insieme all’ultimo governo aveva sostenuto l’accordo senza riserve, faceva luce infine sul pericolo insito nel rigettare il CETA utilizzando solo il paravento del rispetto degli standard sanitari con la vera intenzione, invece, di aumentare “insane spinte protezionistiche”, molto pericolose per un Paese come l’Italia che “vive di esportazioni”.
“L’accordo con il Canada non mette in alcun modo in pericolo gli alti standard sanitari, ambientali e sociali la cui tutela è una nostra priorità a difesa dei cittadini europei”.
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