Malattia: quanto viene pagata e fino a quando? Qui una guida con tutte le informazioni sull’indennità erogata dall’Inps (ma anticipata in busta paga dal datore di lavoro.
Con il termine indennità di malattia si intende, come da definizione Inps, quell’emolumento riconosciuto direttamente in busta paga ai lavoratori quando si verifica un evento morboso che ne determina l’incapacità temporanea al lavoro.
Chi sta male, quindi, può astenersi dallo svolgere l’attività lavorativa, previo accertamento dello stato di salute da parte di un medico che rilascerà il relativo certificato, mantenendo il diritto a una retribuzione.
Va detto che durante la malattia il dipendente non percepisce un vero e proprio stipendio, in quanto - come anticipato - si tratta di un’indennità sostitutiva erogata dall’Inps. Si tratta di un emolumento che copre una parte di retribuzione, mentre dell’altra - ma solo qualora sia espressamente previsto dalla contrattazione collettiva - è il datore di lavoro a farsene carico.
Tuttavia, l’indennità di malattia non copre tutto il periodo di astensione: la copertura Inps, infatti, ha una durata limitata, oltre la quale non spetta alcunché.
Essendo uno strumento così importante per il lavoratore, è bene approfondire ogni aspetto dell’indennità di malattia corrisposta dall’Inps, ma anticipata in busta paga dal datore di lavoro, in particolare sulle regole per il calcolo dell’importo nonché su durata e obblighi del dipendente.
A chi spetta?
L’indennità di malattia a carico dell’Inps non spetta a tutti i lavoratori. L’indennità di malattia riconosciuta ai lavoratori quando si verifica un evento morboso che ne determina l’incapacità temporanea al lavoro, si rivolge infatti solamente alle seguenti categorie:
- operai del settore industria;
- operai ed impiegati del settore terziario/servizi;
- lavoratori dell’agricoltura;
- apprendisti;
- disoccupati;
- lavoratori sospesi dal lavoro;
- lavoratori dello spettacolo;
- lavoratori marittimi;
- lavoratori iscritti alla gestione separata (art. 2 comma 26 della legge 335/95).
Ne sono invece esclusi:
- i collaboratori familiari (COLF e Badanti);
- gli impiegati dell’industria;
- i dirigenti;
- i portieri.
Importo
In generale per i lavoratori dipendenti del settore privato l’indennità ammonta:
- al 50% della retribuzione media giornaliera per i primi 20 giorni di malattia;
- al 66,6% per i giorni successivi della malattia o nei casi di ricaduta.
Tuttavia ci sono delle eccezioni per alcune professioni specifiche. Ad esempio, ai dipendenti di pubblici esercizi e laboratori di pasticceria spetta l’80% della retribuzione per tutto il periodo di malattia.
Come anticipato, inoltre, vi è la possibilità che per la parte residua sia il datore di lavoro a farsi carico dell’indennità, così che al lavoratore spetti un importo più o meno simile a quello del normale stipendio. A tal proposito, è il singolo Ccnl a stabilire in che misura deve intervenire l’azienda per integrare l’indennità di malattia. È questo, dunque, che bisogna consultare per sapere quanto effettivamente spetta durante il periodo di malattia.
Riduzione dell’importo
Non sempre l’indennità spetta al 100%. Ci sono delle situazioni, infatti, in cui l’importo viene ridotto. Nel dettaglio, si procede con le seguenti riduzioni:
- due quinti durante i periodi di ricovero se il soggetto non ha familiari a carico;
- due terzi nei casi di disoccupazione o sospensione dal rapporto di lavoro.
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Durata
L’indennità di malattia nel caso dei dipendenti del settore privato, dura per un massimo di 180 giorni in ciascun anno solare per:
- i lavoratori a tempo indeterminato dell’industria;
- i lavoratori a tempo indeterminato dell’agricoltura;
- gli apprendisti;
- i lavoratori sospesi.
I primi tre giorni dell’indennità sono di carenza; questi quindi sono a carico del datore di lavoro, nella misura prevista dal contratto collettivo di riferimento. Regole particolari ci sono anche per il riconoscimento dell’indennità nel primo giorno di malattia.
Durata e calcolo dipendenti pubblici
Per quanto riguarda i dipendenti pubblici ci sono delle regole differenti sia per la durata che per il calcolo dell’indennità di malattia. Ai dipendenti pubblici la malattia viene pagata non per 180 giorni, bensì per 18 mesi.
Nei primi 9 mesi di assenza il lavoratore inoltre ha diritto al 100% della retribuzione. Nei tre mesi successivi, quindi dal 10° al 12°, gli spetta un’indennità pari al 90% della retribuzione. Dal 13° al 18° mese, infine, l’indennità si abbassa al 50% dello stipendio, mentre per dal 18° mese in poi non spetta più alcune retribuzione.
Indennità di malattia e Cassa integrazione
Nel caso in cui il dipendente sia in cassa integrazione a zero ore la CIG prevale sull’indennità di malattia, per cui il dipendente non è tenuto neanche a segnalare all’Inps e al datore di lavoro il suo stato. Questo vale sia per la cassa integrazione ordinaria che per la straordinaria, per cui il lavoratore non ha obblighi verso il suo datore di lavoro non essendogli richieste ore di lavoro.
Diversa è invece la situazione nel momento in cui si percepisca la cassa integrazione per riduzione di orario. In questo caso infatti a prevalere è lo stato di malattia per cui il dipendente dovrà segnalare all’Istituto e al datore di lavoro il suo stato, essendo impossibilitato a recarsi sul posto di lavoro.
La retribuzione sarà versata nelle forme ordinarie previste dal contratto e come se la Cassa integrazione non fosse in essere.
Casi particolari
Rispetto all’erogazione dell’indennità di malattia dobbiamo distinguere dei casi particolari sintetizzati nella seguente tabella.
Lavoratori | Indennità di malattia |
---|---|
Lavoratori con contratto a tempo determinato | Indennità per periodi non superiori all’attività eseguita nell’ultimo anno, con un massimo di 180 giorni annui. L’erogazione viene interrotta in concomitanza con la fine del rapporto di lavoro, ma è comunque garantita fino a 30 giorni di malattia anche se nell’ultimo anno il lavoro è stato svolto per meno di 30 giorni |
Lavoratori agricoli a tempo determinato | L’indennità di malattia è concessa purché risultino iscritti negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli dell’anno precedente per almeno 51 giornate o previo rilascio del certificato d’iscrizione d’urgenza in caso di primo anno di iscrizione |
Lavoratori in part-time verticale | L’indennità di malattia è garantita solo per i giorni in cui è previsto lo svolgimento dell’attività lavorativa e non per quelli di “pausa contrattuale” |
Lavoratori parasubordinati | Hanno diritto all’indennità in caso di ricovero ospedaliero, per 180 giorni massimo nell’anno solare, e dal 1 gennaio 2007 all’indennità giornaliera di malattia, totalmente a carico dell’INPS |
Inoltre, in molti non sanno che anche chi prende l’assegno di disoccupazione Naspi ha diritto all’indennità di malattia. L’importo in questo caso è pari ai due terzi della percentuale prevista per i dipendenti.
Periodo di comporto
Parlando d’indennità di malattia è molto frequente imbattersi nel termine “periodo di comporto”. Con questo si intende quel periodo entro il quale il dipendente può assentarsi dal lavoro a causa di una malattia senza rischiare di perdere il proprio posto.
Oltre i limiti fissati per il periodo di comporto, infatti, il datore di lavoro ha la facoltà di licenziare il dipendente assente per malattia.
La durata del periodo di comporto varia a seconda della tipologia di impiego, poiché è stabilito dal contratto collettivo di riferimento. Solitamente coincide con il periodo massimo indennizzabile dall’Inps, ossia 180 giorni nell’anno solare, ma non è sempre così.
Ci sono Ccnl, ad esempio, nei quali viene il periodo di comporto è previsto solo in modalità secca, quindi quando l’assenza per malattia è continuativa e ininterrotta.
In altri, invece, per il periodo di comporto si effettua una sommatoria dei giorni di assenza per malattia di cui il dipendente ha usufruito durante l’anno solare.
In tal caso quindi vengono presi in considerazione tutti gli eventi morbosi che si sono verificati in questo periodo, inclusi i giorni festivi compresi nella malattia (a eccezione delle domeniche). Il periodo di comporto non si applica per gli eventi morbosi imputabili al comportamento del datore di lavoro.
Obbligo del certificato medico
Per ricevere l’indennità di malattia il dipendente deve farsi rilasciare il certificato dal medico curante, il quale a sua volta provvederà a inviarlo per via telematica all’Inps. Sarà compito del dipendente, invece, segnalare il codice telematico del certificato al datore di lavoro; un passaggio non obbligato ma comunque consigliato.
Il certificato è importante anche perché è qui che viene indicato l’indirizzo di reperibilità. Il lavoratore che si assenta per malattia, infatti, ha l’obbligo di essere reperibile negli orari delle visite fiscali fissati dalle attuali normative, presso l’indirizzo indicato nel certificato medico.
Qualora la trasmissione telematica non fosse possibile, il lavoratore dovrà richiedere il certificato in forma cartacea e presentarlo, entro due giorni dal rilascio, alla struttura territoriale dell’Inps di competenza e al datore di lavoro. Per il dipendente che non adempie a quest’obbligo, la normativa prevede la perdita dell’indennità di malattia per ogni giorno d’ingiustificato ritardo.
Anche per i lavoratori che si assentano dal lavoro a causa di un ricovero ospedaliero, non devono presentare nulla al datore di lavoro, poiché è la struttura sanitaria a procedere con l’invio telematico. Se questo non sarà possibile allora sarà il lavoratore a doverlo consegnare, entro il termine di un anno di prescrizione dalla prestazione.
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