Ilva: negoziato in stallo, ecco le incognite che pesano sulla trattativa

Francesca Caiazzo

30 Marzo 2018 - 15:05

Nuovo incontro al Mise tra Arcelor Mittal e sindacati sul futuro dell’Ilva: nessun passo in avanti nella trattativa mentre i tempi stringono

Ilva: negoziato in stallo, ecco le incognite che pesano sulla trattativa

A sei mesi dall’inizio delle trattative e dopo un mese di stop, è ripartito – sebbene senza produrre risultati – il confronto sull’Ilva.

Al tavolo del Ministero dello Sviluppo economico, si sono ritrovati il gruppo acquirente, Arcelor Mittal – che guida la cordata Am Investco - e i sindacati.

Nessun nodo, oggi, è stato però sciolto e le parti si incontreranno nuovamente subito dopo le festività pasquali, il 4 aprile prossimo.

Intanto, il ministro Carlo Calenda avverte sui rischi legati a una eventuale nazionalizzazione del gruppo italiano, paventata nelle ultime ore.

Negoziato in stallo

Nulla di fatto, dunque, nell’incontro tra azienda e sindacati, mentre il futuro dell’Ilva resta appeso a un filo. Il clima di incertezza, dopo mesi di trattative, permane e anche dopo l’incontro odierno al Mise, nessuna delle questioni dirimenti è stata affrontata.

Il colosso della siderurgia resta fermo sulle sue posizioni mentre le sigle sindacali continuano a porre l’attenzione sui punti centrali della trattativa, che riguardano il mantenimento dei livelli occupazionali e dei salari (Mittal aveva annunciato 4.000 esuberi), ma anche il pieno rispetto dell’Accordo di Programma su Genova e la soluzione agli scontri istituzionali tra governo da una parte e Comune di Taranto e Regione Puglia dall’altra.

Di positivo c’è che le parti torneranno a confrontarsi il prossimo 4 aprile ed è il ministro uscente, Carlo Calenda, a invitare a fare presto.

“Ricordo che l’intesa sindacale è necessaria per concludere il processo di cessione ad Arcelor Mittal e far partire investimenti produttivi e ambientali per 2,4 miliardi di euro. Il ruolo delle parti, a cui il Governo non si può sostituire, è dunque decisivo e il percorso fatto da sindacati e azienda ha già avvicinato le posizioni. L’obiettivo della tutela di tutti i lavoratori è a portata di mano. Dovere del Governo è ricordare che Ilva ha cassa fino a giugno e che la normativa Ue sugli aiuti di Stato rende soluzioni alternative alquanto impervie. I tempi sono oggettivamente stretti”

ha commentato il titolare del Mise.

Le incognite sulla trattativa in corso

Dilatare i tempi per perfezionare l’operazione di acquisizione dell’Ilva da parte di Arcelor Mittal potrebbe essere deleterio sia per l’azienda che per i lavoratori.

Senza considerare le incognite che pesano sulla trattativa: il ricorso al Tar di Regione Puglia e Comune di Taranto contro il piano ambientale e la pronuncia dell’Antitrust Ue – attesa per il 23 maggio prossimo – su eventuali violazioni della normativa europea in materia di concorrenza alla luce della partecipazione del Gruppo Marcegaglia alla cordata guidata da Arcelor Mittal.

Su quest’ultimo fronte, è stata anche avanzata l’idea di un coinvolgimento nell’operazione di Cassa Depositi e Prestiti che, insieme con Intesa, potrebbe essere visto con favore da Bruxelles, superando così eventuali concentrazioni in alcuni segmenti del mercato siderurgico determinati dalla presenza di Marcegaglia.

Calenda: “Nazionalizzazione impraticabile”

Intanto, sull’ipotesi di una eventuale nazionalizzazione dell’Ilva, arriva l’avvertimento di Calenda, che su Twitter scrive:

“Se qualcuno va dagli operai di Taranto e gli dice che tanto Lega e M5S nazionalizzano e trasformano tutto a gas quindi meglio non chiudere la trattativa, salta investimento, ci ritroviamo con Bagnoli 2 (tre volte più grande) e 20mila persone per strada”.

Per il ministro, nazionalizzare è una via impraticabile sia per l’Ilva che, come paventato di recente, per Alitalia.

I tempi stringono, dunque, e anche i sindacati spingono verso un’accelerazione del negoziato per dare risposte ai lavoratori ma anche per tutelare lo stabilimento di Taranto che, ha fatto notare Rocco Palombella della Uilm

“continua a degradarsi: non ci sono investimenti sugli impianti, sulle tecnologie e soprattutto sull’ambiente e questo crea ovviamente preoccupazione”.

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