La volatilità a tre mesi dei bond a 10 anni americani rispetto ai colleghi italiani e spagnoli è più elevata. E’ il sintomo di una maggiore rischosità per i titoli statunitensi? Forse no, stando ai dati e a quanto sostiene Moody’s.
Tremano gli Stati Uniti. Tremano di fronte al rischio di deafult (il 17 ottobre si avvicina), e alle conseguenze che lo shutdown può provocare (e che sta già provocando) all’economia americana. Ma tremano anche gli investitori. L’andamento dei titoli pubblici a 10 anni statunitensi sta facendo infatti preoccupare i detentori di bond americani. Per paura, sostiene qualcuno, di un possibile default statunitense.
La volatilità dei bond USA
La figura qui sopra ci fa vedere come l’indice che misura la volatilità (ossia la rischiosità) a tre mesi dei titoli pubblici Usa sia più alto rispetto a Italia e Spagna. C’è da preoccuparsi? Forse non cosi tanto. La volatilità di un titolo infatti dipende, oltre che dalla durata e dalla cedola, anche dal livello di rendimento. Più basso è il rendimento di un titolo, maggiore sarà la sua volatilità. Il rendimento medio effettivo dei bond a 10 anni statunitensi è pari all’1.48%, mentre quello di Italia e Spagna è, rispettivamente, pari al 3.41% e al 3.16%.
Investitori, non preoccupatevi!
Grazie al QE e alle modalità di gestione della politica monetaria da parte della Fed, non sembra esserci alcun pericolo di un possibile mancato pagamento dei titoli del debito pubblico americano. Anche Moody’s, infatti, è ottimista. L’amministratore delegato Raymond McDaniel è praticamente certo del fatto che le voci su un presunto default degli Stati Uniti hanno scarso fondamento. In un’intervista rlasciata a CNBC:
E’ improbabile che si vada oltre il 17 ottobre senza aver alzato il tetto del debito. Non solo, ma anche se uno scenario del genere dovesse concretizzarsi, riteniamo che il Tesoro americano continuerà a rimoborsare i bond emessi.
La sensazione che serpeggia è quella di assistere ad uno scenario che si ripete, in maniera del tutto simile a quanto accaduto nel 2011 quando, dopo vari tentennamenti, il Congresso riuscì a trovare un accordo per innalzare il tetto del debito. Stessa esperienza, dunque, ma diverso modo di reagire. Allo stato attuale, vige una notevole calma rispetto alla situazione di due anni fa.
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